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SANTA MARIA DE EQUO (O DEL PIANO)


VIII - IX secolo
Situata al centro della vasta Vallata formata dai depositi alluvionali del fiume Cornoe dai detriti di falda dei rilievi circostanti, la chiesa di Santa Maria del Piano e' di fondazione altomedioevale (tra l'VIII e il IX secolo) epoca in cui sono testimoniati un oratorio e numerose celle monastiche, presto trasformatisi in un priorato benedettino dipendente dalla potente Abbazia di Ferentillo, uno dei piu' importanti complessi monastici altomedioevali di tutta l'Italia centrale.
Il titolo originario della Chiesa, Santa Maria de Equo, dipendeva dall'essere il centro di culto piu' rilevante dell'antico gastaldato longobardo denominato "equano", all'incirca coincidente con l'area di tutto l'attuale comune di Monteleone di Spoleto. Gia' a quell'epoca la pieve di Santa Maria doveva assolvere a piu' funzioni, non solo religiose, ma anche legate alla vita sociale delle piccole comunità campestri disseminate nella piana e sulle alture circostanti, come quella di sede di mercato e di luogo di riunione festiva delle famiglie di agricoltori sotto al portico e nel piccolo atrio che un tempo doveva precedere l'edificio di culto.
La costruzione attuale e' di evidenti forme romaniche ed e', quindi, possibile farla risalire ad un periodo tra il IX e il XIII secolo: e' realizzata in cortina a filari regolari di conci ed ha un portale semplice ma elegante, mentre il portico e' certamente piu' tardo ed e' stato restaurato in anni recenti per riparare il grave dissesto in cui era caduto.
L'edificio che presenta inseriti nelle mura perimetrali blocchi di pietra di antichi edifici romani - del resto, l'esistenza di insediamenti gia' in epoca romana e ancor prima etrusca in questa zona e' ben nota a tutti - e' particolarmente lungo perche', oltre alla chiesa, ingloba quanto resta della struttura altomedioevale, vale a dire un ambiente che venne sempre adibito a ricovero per eremiti.
Abbiamo notizia certa che nel XIV secolo visse qui come eremita, operando anche dei prodigi, il nobile Fra Gilberto dei Tiberi, la famiglia che fin dal IX secolo aveva governato come proprio feudo Monteleone, ricevendo la consacrazione anche da Federico Barbarossa.
Essi appartenevano ad un ramo dei nobili Attoni, signori di Arrone, Ferentillo e Piediluco e il loro feudo comprendeva anche Vetralla, Pienezza e Terzone ed era da loro chiamato "terra tibertesca".
L'interno della chiesa e' di linee estremamente semplici come e' tipico delle pievi di campagna, e presenta un altare settecentesco dal fastoso carattere barocco, su cui erano attestati dipinti databili al 1770 circa, oggi scomparsi perche' trafugati. Alle spalle dell'altare, ad una quota piu' bassa rispetto alla navata, c'e' un piccolo ambiente rettangolare coperto da una volta a botte, che potrebbe identificarsi con l'antica cripta romanica, ricavata sotto alla stanza usata dagli eremiti come proprio alloggio: i due piani erano comunicanti fino ad alcuni decenni fa tramite una scaletta.
Alcuni studiosi della Valnerina ricordano che nella chiesa era ospitata una notevole statua lignea della Madonna, risalente al XIII secolo ed assai venerata, che oggi dovrebbe trovarsi nella sacrestia di San Francesco, dove e' tornata dopo essere stata trafugata e recuperata e recuperata insieme ad altre opere d'arte. Nell'interno della chiesa e' ancor oggi possibile riconoscere, benche ridotti a poco piu' che larve, alcuni affreschi del XV secolo che intendono ricordare i Santi legati ai vari centri di culto di Ruscio e alle storie della Passione di Cristo. A sinistra dell'altare c'e' una scena con la Madonna in trono con il Bambino e ai suoi lati Santa Lucia, identificabile tramite il calice simbolo del suo martirio - una chiesa di Santa Lucia si trova presso l'omonima fonte - e Sant'Antonio Abbate, e non di Padova con cui e' stato confuso nella dedica della chiesa a Ruscio di Sopra: egli porta inequivocabilmente l'abito da eremita e il bastone a forma di T. Sempre sulla stessa parete, piu' vicina all'altare incontriamo un affresco con la Resurrezione di Cristo, accompagnato dall'angelo che ne da' l'annuncio, mentre sulla parete opposta della navata e' possibile riconoscere una scena con il "Cristo in pieta'" in mezzo ai dolenti, avvero la Vergine e San Giovanni.
Per completare il ciclo della Passione di Cristo, la scena della crocifissione e' stata rappresentata sulla parete di fondo del piccolo ambiente dietro l'altare: le condizioni sono drammatiche, ma la qualità che ne traspare e' notevole e punta verso la scuola di un maestro primocinquecentesco umbro, Giovanni di Pietro, detto lo Spagna, forse a caua della sua origine, attivo nello spoletino dopo essersi formato alla scuola di Pietro Perugino, il grande maestro di Raffaello.
L'antica chiesa risulta oggi assai alterata nel suo valore monumentale dal notevole interramento, causato dalle piene del Corno e dall'impetuosa discesa di acque piovane dal Trivio, dei muri perimetrali, ormai visibili solo per due terzi della loro altezza originaria

Prof.ssa Simona Olivetti
(tratto dall'articolo pubblicato ne "La Barrozza": anno IV, numero 2)


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