Ripensare la montagna

By proruscio

 

In questo tiepido inverno seguo con molta apprensione l’evolversi della condizione climatica in montagna e il dibattito che ne segue. Google ha capito che l’argomento mi interessa e aprendo internet mi propone almeno un paio di notizie al giorno a riguardo. 

La maggior parte degli articoli si riferisce alle Alpi e Dolomiti poiché è più probabile che il lettore conosca le località di cui si parla, ma la tematica coinvolge anche l’Appennino e a maggior ragione.  L’argomento principe, ovviamente, è la scarsa precipitazione nevosa, che porta a catena una serie di problemi che tutti possiamo immaginare, tra cui, giusto per citare il più evidente, la ricostituzione delle falde acquifere. Sì, perché è proprio la neve a far riempire i bacini e i corsi d’acqua sotterranei, più della pioggia. Un secondo evidente problema è l’addio (quasi definitivo) al turismo invernale di massa, quello legato allo sci. Ci sono a seguire una serie di altre conseguenze che le scarse precipitazioni nevose portano con sé, ma per il momento mi soffermo soprattutto sulla questione del turismo, perché sorprendentemente può essere anche da stimolo per qualcosa di positivo. Le scarse precipitazioni richiedono ai gestori degli impianti da sci di innevare artificialmente, ma, supposto di poterselo permettere, questo è possibile solo a due condizioni: avere l’acqua da sparare sotto forma di neve e le basse temperature. Diventa un cane che si insegue la coda: non nevica -> serve neve artificiale -> serve acqua ->  non nevica e via di nuovo il circolo. Quanto è sostenibile questo circolo? Per quanto tempo possiamo ancora pensare di sparare neve? Chiunque lo capisce, ad eccezione dei nostri politici che continuano a finanziare la costruzione di impianti da sci  per un ammontare di circa 200 milioni euro. Si tratta di finanziamenti a fondo perduto, vale a dire soldi del contribuente che vengono regalati ai gestori di impianti da sci. Non vedo ragioni condivisibili per questo finanziamento, pensare di sostenere il turismo in questo modo è una scelta miope.

 Campo Felice (AQ) Appennino. L’immagine mostra la presenza di cannoni spara neve non in funzione a causa delle elevate temperature


Roccaraso (PE) Appennino. L’immagine mostra la presenza di cannoni spara neve non in funzione a causa delle elevate temperature


Campo Felice (AQ). Appennino

 

 Canazei (TN), Sassolungo. Comprensorio sciistico Dolomiti Superski – Sella Ronda.


Colfosco fraz. Corvara in Badia (BZ). Comprensorio sciistico Dolomiti Superski – Sella Ronda. 

 

 Campo Stella, Leonessa (RI) Appennino

 

Questo panorama apparentemente apocalittico per la montagna offre la possibilità di un ripensamento costruttivo in cui l’Appennino può fare ed avere la sua parte. La riflessione parte dal caposaldo che la montagna va rispettata, più di prima, e che continua ad offrire forme di sfruttamento compatibili con l’ambiente e con la situazione di scarse precipitazioni e temperature elevate. L’autunno mite ha suggerito il prolungamento delle offerte per godere della montagna con modalità simili a quelle estive, es: trekking, la Svizzera fa da maestra in questo. Ma non finisce qui, anzi. Alcune località trentine, quelle ad altitudini non elevate comparabili con le nostre zone, stanno puntando sulle ebike. A partire dal lockdown in poi, complice la prigionia forzata, complice forse l’incentivo all’acquisto, la vendita di ebike si è moltiplicata a tal punto che ora la parola bici è riservata alle ebike e per dire una bicicletta come tutti la conosciamo bisogna dire “bici muscolare”. 

La mitezza del clima consente il turismo “lento” in montagna praticamente tutto l’anno. In Val di Sole (provincia di Trento) hanno anticipato i tempi e l’indotto relativo alle bici o ebike è del tutto paragonabile a quello dello sci, compreso i costi per il turista. Come esistono scuole sci, ora esistono scuole di mountain bike, noli diffusissimi di bici e attrezzature relative. Le località che hanno degli impianti da sci, privi di neve, possono facilmente riconvertirsi a trasportare le bici, pensate il Terminillo o Campo Stella. Credo che questa sia la principale, ma non unica, attività alternativa allo sci anche ove non ci sono mai stati degli impianti, il motore della ebike supplisce l’impianto di risalita. E veniamo alle nostre montagne. Il Tilia consente da qualche anno la risalita sull’impianto con la bici, ma la situazione di fronte a cui si trova il ciclista è tale da far rimpiangere di aver pagato la corsa.

Concludendo, il caso della ebike è solo un esempio e sono cosciente che se mal gestito potrebbe portare di nuovo ad un impatto ambientale negativo, sebbene imparagonabile con quello prodotto dallo sci. Ma desidero sottolineare che la situazione di cambiamento climatico può essere portatrice di un ripensamento positivo della montagna, da cui una gestione attenta e un minimo di coraggio imprenditoriale potrebbero giocare un ruolo assai favorevole. 

Non è c’è un problema di domanda, semmai di offerta.