Giovedì 18 agosto 2022, a Monteleone di Spoleto presso il giardino del Museo della biga, sono stata piacevolmente ospitata dalla “Settimana del libro”. Una lodevole iniziativa organizzata dal Comune, all’interno del programma di manifestazioni estive di cui sono protagoniste anche le dinamiche e accoglienti Associazioni del posto. Amo leggere e scrivere di tradizioni locali della nostra Valnerina, così quando ho ricevuto la gradita telefonata della vicesindaco Federica Agabiti, seguita dall’invito di Marisa Angelini, ho pensato che il mio libro da presentare poteva essere quello dedicato alle Vallanate ovvero alle avventure sciocche compiute dagli abitanti di Vallo di Nera, raccontate dai paesani confinanti.
Il volume, che è un’antologia di aneddoti scherzosi tramandati da decenni, scritti in italiano e in dialetto, ha come titolo: “La vacca che bevve la luna”, ed è arricchito da una bella prefazione del compianto monsignor Giampiero Ceccarelli. La ricerca basata su interviste e registrazioni dal vivo, è durata due anni ed è stata pubblicata per la prima volta nel 2004 dall’editore Era Nuova. Nel 2022 ho provveduto alla stampa della nuova edizione, per far fronte alla richiesta che viene fatta dai turisti incuriositi giunti in visita alla Casa dei Racconti di Vallo di Nera. Diviso in più capitoli, nella prima parte il libro contiene le Vallanate più antiche, iperboliche, come quella dei confini tra Vallo e Ponte decisi da quattro galli oppure quella dell’albero delle cumere che vide protagonisti Vallo e Mucciafora. Nel secondo capitolo, i brevi racconti sono sempre incentrati sulle Vallanate del Novecento.
A queste seguono le imprese buffe messe in atto negli altri paesi della Valnerina; ovunque non mancavano testimoni pronti a certificare i fatti sciocchi avvenuti e a riderci su, propagando la notizia nei luoghi di ritrovo: al molino, dal fabbro, durante le veglie serali accanto al focolare, nelle stalle, lungo la transumanza. Il libro è completato da elenchi di soprannomi, proverbi e modi di dire, oltre ai racconti del fantastico popolati da anime, streghe, maghi e malefici vari. Le duecento pagine offrono uno spaccato di vita rurale non più esistente, fatto di duelli orali tra paesi vicini e opposti, di stili di vita basati sul sacrificio e su un grande spirito di comunità. Storie minime che lasciano un sorriso sulle labbra e la nostalgia nel cuore.
Tra i racconti letti nel giardino del Museo della biga, c’è anche il simpatico aneddoto di un giovanotto di Rescia che doveva sottoporsi alla visita militare. Per prendersi gioco di lui, i compagni gli dissero di non pronunciare mai il nome di Monteleone altrimenti avrebbe avuto dei guai. Quando la Commissione gli chiese dove abitasse egli rispose a Rescia, ma quando gli domandarono di essere un po’ più preciso, specificò che Rescia si trovava sopra a Ruscio. Ruscio, e dov’è? Sotto a Rescia, aveva risposto. Rescia sopra a Ruscio, Ruscio sotto a Rescia, l’importante per lui fu di non pronunciare il nome proibito del Comune, noncurante delle risate che le sue risposte avevano fatto scaturire.
Agnese Benedetti
Un uomo condusse la vacca ad abbeverarsi alla fonte. Era già notte e la campagna era illuminata da una luna tonda e lucente che si rispecchiava sulla superficie dell’acqua.
Vedendo l’immagine riflessa nella fontana, il contadino credette che la luna fosse caduta dal cielo e usò ogni attenzione per non farla danneggaire dal suo animale.
Ma in pochi minuti ka vestia, assetata com’era, asciugò la piccola fonte, facendo sparire la luna, proprio mentre la campagna piombava in un boi piu’ oscuro che mai.
Spaventato dell’accaduto, l’uomo cominciò a picchiare la vacca sulla groppa con un lungo bastone, incitandola a restituire la luna che credeva fosse stata ingoioata con l’acqua.
"Ha bevuto la luna, ha bevuto la luna come un rosso d’uovo! La vacca si è bevuta la luna!" E giù botte a più non posso.
La poverina cercò di difendersi dai colpi come meglio poteva menando le corna, sferrando colpi con le zampe e con la coda, ma dopo un pò, stremata dalle bastonate, strabuzzò gli occhi e con la bocca spalancata cadde a terra in agonia.
L’uomo, tramortito dai calci, riusì a malapena a rivolgere uno sguardo al cielo e a vedere la luna tornata a risplndere, lontana dalle nuvole che ‘avvano coperta. La soddisfazione di aver rimesso le cose a posto fu superiore a qualsiasi dolore.
Unu portò a beve i bovi a la fontana ed era un gran lume de luna. Senonchè mentre le vacche bevevano su la fontana un nuvolo coprì la luna. "Povero me, povero me, le vacche se so’ magnata la luna, se so’ bevuta la luna!" Dopo come à ‘nnata a finì? (D.M.)
Quella che stava a ‘bberà la vacca su la fonte, per terra, specchiava, era la sera doppo notte, specchiava la luna dentro la fonte. Eh, nel momento che beveva un nuvulu cuprì la luna nun se vidìa più. "Se l’è ‘gnuttita la vacca, se l’è ‘gniuttita l vacca!" Ammazzarono la vacca. Sarà stata ‘na barzellette che gn’ho fiducia, mgari, eh! (P.S.)
Quillu che portò a beve l avacca llà fonte e je se bevve la luna. C’era un nuvoletto, quistu portò a beve e tutt’un bottu la luna sparì. "Lu bove s’è biuta la luna!" (G.N.)
Questa me la ‘rcontò lu pori babbo perchè quando stiano in America, tutti de qui interon erano amici e allora se sfuttiano unu co’ ‘n andru.
Ubu stia a ‘bberà lu bove. Ma era unu de Leonessa. L’acqiia rischiarava, un nuvoletto cuprì la luna. Allora unu stia ‘bberà le vacche, lu boo e ci stia la luna. Era serenu e la luna rispecchiava dentro l’acqua, no. Tutt’assiemi passa un nuvulittu e copre la lun. Quillu che stia a ‘bberà lu boe dice: "Lu boe s’è béta la luna, li boe s’è béta la luna!…" (E.B.)