Ruscio in Love: “Sempre nel cuore!” Castelfranco 16-01-'917
La Barrozza - Estate 2020 - anno XXIX n. 2
Scritto da Valeria Reali   

«Ci sorritono le labra insieme al cuore, scherzo di gioventù giorno di amore.»

...ovvero lettere d'amore, passioni e sentimenti, tenerezze e messaggi poetici: tutto sotto il cielo di Ruscio… e non solo.


Partì, come tanti altri giovani come lui, per la guerra che altri avevano deciso per loro. E oltre allo zaino con lo stretto necessario portò sicuramente con sé gli affetti che lasciava a casa e con loro la sua Santina.

“...lettere d'amore, passioni e sentimenti, tenerezze e messaggi poetici: tutto sotto il cielo di Ruscio… e non solo” .

E non solo.

Ci allontaniamo, infatti, per questa volta da Ruscio, ma non di tanto, perché gli innamorati di questo numero sono Giuseppe Ottaviani (nonno di Vittorio) e la sua amata Santina, che lui portò sempre con sé, sempre nel cuore, anche durante i feroci anni della Grande Guerra. Legame che ci teneva a ribadire e riconfermare anche nelle semplici cartoline postali dal fronte, messaggi scarni per la limitatezza dello spazio, non certo per intensità: “Con sublimità affettuosa ti penso baciandoti unita ai figli cari. Peppino tuo” 14-6-916

Quanto ardore in quel “Peppino tuo”...  

L’invio e l’arrivo della posta era un momento importante per i soldati al fronte. Con le lettere riuscivano a tenersi in contatto non solo con le famiglie, ma anche con il mondo che avevano lasciato al quale speravano di tornare. Portare con sé tante vicende dolorose e tragiche, scampare miracolosamente ai tanti pericoli bellici, i ricordi di allora che avrebbero segnato a vivo il ritorno alla vita 'normale' di quanti sarebbero riusciti a tornare. Molti, forse perché dotati di maggiore sensibilità o forse perché in possesso di una capacità espressiva, sentirono l'impulso di narrare il dramma di quei lunghi momenti. Alcuni, portati per loro natura verso il mondo della poesia, raccontarono più incisivamente quelle esperienze sul filo della propria poetica. Le testimonianze epistolari sono numerosissime e preziose perché ci danno un’immagine autentica e diretta di quanto accadde.

Giuseppe era uno di questi ultimi, lo faceva in versi, pagine scritte fitte fitte in quadernetti dal sapore antico con copertina nera, con una calligrafia che non ci appartiene più, una calligrafia di quelle che ti obbligano ad abbandonare e a rallentare il ritmo frenetico di oggi. In ogni pagina, giorno, mese e anno segnati in alto a destra, per contestualizzare e fissare nella propria mente, pagine numerate di volta in volta sempre nell'angolo in alto e nell'ultima il numero totale di quelle scritte, con la propria firma quasi a siglare e ufficializzare quel documento. 

Racconta delle giornate in trincea, del legame coi commilitoni, dei 'rumori' della guerra. Ma quando a questi racconti alterna i versi dedicati alla sua Santina o al pupo suo Angelino (30 settembre 917), ecco che i suoi versi, accompagnati da svolazzi floreali, trasudano amore, dolcezza... nostalgia...

Non ci sono dubbi: Giuseppe, o meglio, GOttaviani come si firma in tutte le sue poesie, deve aver amato moltissimo la sua dolce Santina

“Sento nell'anima la dolce speranza

 


 

Di riabbracciarti con affetto pieno d'ardore”

Un amore sempre presente anche in quella tragica esperienza a lui sconosciuta fino a quel momento

“In questa vita che mai ho conosciuta

Dove sconvolge la dolce armonia

In quella felicità più santa ch'è dovuta

Solo il tuo amore Santina mia

Nelle mie fibre d'affetto s'acconsente...”

Un amore totale, radicato nelle fibre più profonde, due anime affini, legate indissolubilmente perché gemelle, anime che neanche il morbo crudele riesce a dividere

A colei che la morte infranse

nel mio cuore vive!...       

(Nel trigesimo della morte dell'amata Santina mia, 26-3-920)