Rusciani in guerra: Orfeo e Vito raccontano
La Barrozza - Estate 2011 - anno XX n. 2
Scritto da Valeria Reali   

Nasce un nuova rubrica: Rusciani in guerra.

Dopo aver raccontato le vicende civili e militari dei nostri Caduti, in due volumi dei “Quaderni di Ruscio”, invitiamo i lettori a raccogliere e trascrivere i ricordi di guerra dei nostri compaesani che hanno avuto la buona sorte di sopravvivere a quei tragici eventi. Ci proponiamo un duplice obiettivo: non mandare dispersa la memoria storica familiare e testimoniare la brutalita’ della guerra alle nuove generazioni.
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È strano parlare di una guerra passata in un momento come questo, quando nuove guerre stanno sconvolgendo paesi anche vicini a noi: evidentemente, la storia non ci ha insegnato niente.
È strano parlare, soprattutto, di Ruscio come ‘posto’ di guerra, ma gli episodi legati a quel brutto periodo vissuti da ogni famiglia rusciara sono tanti da spingermi a raccontare l’esperienza vissuta da mio padre, Costantino Reali
.
Ho il rammarico di non ricordare esattamente la dinamica e i fatti esposti nei suoi ripetuti racconti, sarei dovuta essere io, come figlia, la depositaria del suo vissuto e avrei dovuto io renderlo noto agli altri.
Purtroppo ho soltanto dei flash, mi sfuggono i particolari, per questo ho chiesto aiuto a mio cugino Orfeo e a Vito Marchetti, carissimo amico e compagno d’armi di papà.

Il momento storico è sicuramente la ritirata tedesca verso nord, diciamo pertanto primavera del ’44.


 

Costantino Reali  a Rovezzano

Il foglio matricolare di papà cita testualmente “Soldato di leva classe 1924 chiamato alle armi e giunto li 27 Agosto 1943 Tale nel Dipt. 7 Regg. di C.A. in Livorno”…

"Il Governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la schiacciante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi danni alla Nazione, ha chiesto l'armistizio al Generale Eisenhower, comandante in capo delle forze anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane, in ogni luogo. Esse, però, reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza".

Con questo annuncio, diramato dai microfoni di radio EIAR di Roma la sera dell'8.9.43, e che seguiva quello analogo trasmesso nel pomeriggio da Radio Londra, iniziò per le nostre forze armate un periodo che portò a drammatiche vicende per quasi l'intero esercito.

Sempre dal foglio matricolare risulta “In seguito allo scioglimento dell’esercito in data 8 settembre 1943 è da considerarsi in congedo illimitato senza assegni, li 8 settembre 1943”
Passò il periodo della guerra insieme ai suoi amici Vito Marchetti, Orlando del casale di S. Lucia e a molti altri ragazzi di Monteleone e Trivio e dopo vari avvicendamenti e assegnazioni si ritrovò alla caserma di Rovezzano (forse campo di prigionia?), in provincia di Firenze, come risulta da alcune sue foto.
Durante un simpatico incontro vengo a sapere da Vito Marchetti, in un racconto lucidissimo nonostante l’età, che da Rovezzano vengono trasferiti vicino Orte, da dove scappano con mezzi di fortuna fino a Spoleto.

Qui si dividono: Vito scappa in treno fino a Serravalle, da dove prosegue a piedi fino al paese (quindi, se ancora attiva la linea Spoleto-Norcia possiamo datare il periodo entro giugno del ’44, quando i tedeschi ritirandosi fecero saltare la sottostazione di Piedipaterno).
Papà e Orlando, invece, intraprendono direttamente il viaggio a piedi.

Costantino Reali e Vito Marchetti a Rovezzano

Interviene nel racconto mio cugino Orfeo,  che ha vissuto per un lungo periodo in casa dei ‘ficari’. Ero quindi sicura che sapesse qualcosa. E infatti…
“Ero abbastanza grande da poter fare quello che racconterò” –mi dice Orfeo- “ma abbastanza piccolo da non poter ricordare esattamente, forse intorno ai cinque anni e se ricordo la vicenda è semplicemente perché in casa poi se ne parlò ripetutamente”.
“I tedeschi – continua - erano a Ruscio ed avevano requisito per i loro cavalli la stalla e la cascina del casale Paione, abitato appunto dalla famiglia di papà.
La presenza dei tedeschi in paese li costrinse a cercare un rifugio sicuro per salvarsi da eventuali retate e con Orlando scelsero il fienile del casale stesso, nascondiglio al di sopra dei sospetti, con le truppe in casa.
Non dovevano correre rischi, perché i ragazzi nella contingenza di quei giorni erano soggetti a retate da parte dei tedeschi”.


Non so dire quanto tempo siano rimasti in mezzo al fieno e fu mio cugino a portare loro da mangiare: c’era un passaggio sul lato posteriore della cascina, mimetizzato da pietre messe ad arte dove solo il piccolo Orfeo riusciva a passare con il cibo.

Il desiderio di riuscire a collocare storicamente l’esperienza di guerra di mio padre mi ha spinto a fare ricerche reperendo documenti e date precisi di cui non sospettavo minimamente l’esistenza.
Restano purtroppo ancora lacune e discordanze che non riesco a colmare ma che mi spingono a continuare, glielo devo.

Nel coinvolgimento della ricerca mi sono immaginata papà, ragazzo, sradicato da una realtà contadina e catapultato in una realtà completamente sconosciuta e, allora, tutti i suoi ripetuti racconti, ascoltati distrattamente, li ho visti sotto una luce completamente diversa.