Recensioni
La Barrozza - Estate 1997 - Anno VI n.2

Segnalo un prezioso libricino formato quaderno (lo potete trovare nella biblioteca della Pro Ruscio ed anche da qualche edicolante romano) zeppo di storie, tradizioni, ricette, detti poesie, cantate, preghiere, filastrocche e vocaboli.
Il volumetto dal titolo "Preta -l'amore, la fantasia, la favola" è stato curato dall'amico Alberico Blasi, disegnatore del mio dipartimento universitario, "paesano" di Preta ed innamorato del suo paese come noi lo siamo di Ruscio.

Preta, per chi non lo sapesse, è la più piccola frazione di Amatrice, sui monti della Laga, a 1200 metri s.l.m ..

Ecco qualche assaggio di questo interessante libretto.

Un'interessante usanza di Preta (ma la stessa anche di Ruscio nei miei ricordi) era quella di portare al pascolo tutte insieme le poche bestie che ogni famiglia teneva nella stalla.
Questa sorta di pascolo collettivo, detto "la piega", era svolto a turno da ragazzi e a volte da ragazze che si improvvisavano biscini nel corso dell'anno.
Il numero dei giorni di turno era proporzionale al numero delle bestie possedute dalla sua famiglia .
Chi scrive ricorda ancora, da piccolo, durante i soggiorni in casa della nonna, quanto fosse piacevole ascoltare dal letto il levarsi di una voce per le strade di Preta che gridava "caccete le pecure e le capri". A questo richiamo tutte le stalle si aprivano e le bestie si univano in un unico gregge.

Molto simpatico era notare, al ritorno dalla "piega", quando le bestie rientravano a fine giornata in paese, che ogni gruppetto tornava da solo alla propria stalla.
Infine una classica storiella (ricordo Santarella lnnocenzi che da bambino me la raccontava con poche varianti rispetto alla versione di Preta):
Una sera di cattivo tempo una paesana si recò in casa di una comare, nota per la sua golosità e per essere poco generosa.

La comare stava cuocendo una pizzetta sulla cenere, e nel sentire entrare qualcuno tolse lesta la pizza bollente dal fuoco e ci si sedette sopra. Stando in questa scomoda posizione, per liberarsi presto dell'intrusa, l'apostrofò dicendo:
"Piove, fiocca e maltempu fa,  
pe le case dell'altri nen ce se và"
e l'altra, che dall'odore e dalla posizione della comare aveva capito tutto, rispose:
"Cummare mia, nen me ne curo
se la pizza v'ha cottu lu culo".  
La sua lettura delizierà certamente gli appassionati della tradizione e della cultura delle nostre parti.

Isidoro