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Funghi: il veleno c'e' ma non si vede |
La Barrozza - Natale 1994 - anno III n.3 | |
Scritto da Osvaldo Perelli | |
Del tutto infondati i “test” popolari. L’Esperto vi consiglia. Se consideriamo i funghi dal punto di vista gastronomico essi rappresentano uno degli alimenti più prelibati che la natura ci abbia offerto, ricchi di sostanze nutritive paragonabili a quelle contenute nella carne e nelle uova. Ma la contropartita che spesso bisogna pagare per averli in tavola è molto alta. Capita abbastanza di frequente, infatti, di leggere sui quotidiani notizie relative ai casi di avvelenamento più o meno gravi, dovuti alla ingestione di funghi velenosi raccolti e cucinati da persone incompetenti, incapaci di distinguere i funghi cattivi da quelli commestibili. Nel nostro territorio nazionale le specie velenose sono rappresentate da numerosi generi, come la Lepiotae Helveola, il Cortinarnis orellanus e la Gyromitra esculenta, ma la più terribile è sicuramente l’Amanita Phalloi: chi mangia questo tipo di fungo, non ha molte possibilità di sopravvivenza, in quanto le sue tossine distruggono le cellule del fegato e pertanto non esistono antidoti da somministrare in caso di avvelenamento. Ancora oggi sussistono numerosi detti o credenze popolari, che in passato venivano usati come mezzo per distinguere i funghi commestibili da quelli velenosi. La moderna scienza ha dimostrato la loro inattendibilità e pericolosità per chi li considera ancora validi. Eccone alcuni esempi: - non è vero che si possono ritenere commestibili quei funghi che sono innocui per gli animali in quanto l’avvelenamento avviene in tempi e modi diversi e soprattutto dipende dal rapporto veleno/peso corporeo; per lo stesso motivo non è vero che sono commestibili funghi mangiati da lumache, larve od altri insetti, perché alcune specie di lumache possono mangiare quantità tali di Amanita Phalloide da sterminare una intera città; |
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