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Alla ricerca del farro perduto E-mail
La Barrozza - Pasqua 2000 - anno IX n. 1
Scritto da Riccardo Caffi   

Tra le tante persone che hanno partecipato alle varie attività legate alla manifestazione “MONTELEONE QUALITA’ 2000” abbiamo avuto anche il piacere di ospitare una delegazione che veniva dalla provincia di Brescia ed esattamente dal paese San Paolo di Brescia. Le ragioni di questa insolita presenza sono la ricercare nell’elemento che le due località, una umbra e l’altra lombarda hanno in comune: IL FARRO.
 
E’ con piacere che pubblichiamo l’articolo che il Comune ed il comitato PAGUS FARRATICANUS di San Paolo di Brescia ci hanno voluto inviare.

ALLA RICERCA DEL FARRO PERDUTO
Di Riccardo Caffi
Si torna a seminare il cereale Ecologico coltivato nella Bassa ai tempi dei Romani.
Trasferta in Umbria per rimediare le sementi del frumento “vestito”.

“Abbiamo dovuto cercare non poco il prezioso seme – dicono i componenti del comitato Pagus Farraticanus di San Paolo -. Contatti con realtà produttive e agricole non ci hanno consentito per almeno un anno di avere riferimenti precisi per l’acquisto della semente. Per noi fautori di questo esperimento che ci ha visto seminare un ettaro messo gentilmente a disposizione del vice sindaco Vincenzo Gardoni. Divenuto forte sostenitore dell’iniziativa, non sarà particolarmente interessante le resa per piò di terreno e la remuneratività della coltivazione. A farci muovere è stato il forte desiderio di riscoperta e rivalorizzazione della storia e delle tradizioni del nostro territorio”.

Il Farro, secondo le informazioni raccolte dal gruppo di ricerca di San Paolo, fu il primo grano della civiltà. Originario forse della Palestina, veniva coltivato in Siria e in Egitto. Omero aveva cantato la campagna “donatrice di farro”, mentre in Italia il cereale è stato coltivato dal V secolo a.C..

Il farro è il frumento “vestito”, con glume che aderiscono fortemente alla cariosside, tanto che deve essere “brillato” come il riso e in questa operazione va perso il 50 per cento del prodotto. Per tale motivo è stato soppiantato dalle varietà di grano tenero e duro, salvandosi solo perché usato come biada per animali.

E’ comunque una pianta rustica, resistente al freddo, all’aridità e alle infestazioni parassitarie. Pertanto non abbisogna di trattamenti particolari e rappresenta un prodotto quasi biologico. Mantiene anche dopo la cottura l’anima leggermente dura e ha un sapore proprio. Inconfondibile e gustoso.

Aveva l’incarico di fornire scorta di cibo alle legioni romane e ne produceva in quantità tale che tutta la Plaga, comprendente vari villaggi, aveva preso il nome di Pagus Farraticanus, come testimonia la lapide di marmo di Botticino, dedicata a Giove, e ritrovata nel 1824 nei pressi della parrocchiale di Pedergnaga, il più importante dei villaggi destinati alla produzione del farro. Alimento base per oltre duemila anni di intere popolazioni mediterranee ed asiatiche, il farro è il “capostipite” di tutti i frumenti oggi conosciuti, ma nel corso dei secoli nella Bassa è stato soppiantato da altre varietà di grano e nel Pagus Farraticanus sono andate perdute la memoria e la semente dell’antico cereale.

Ne è però rimasta traccia nello stemma del Comune che raffigurava sopra la torre, simbolo del castello, un drappo rosso al cui centro spicca un covone di farro, come veniva specificato nel testo scritto dallo statuto comunale. Nel 1964 l’antico Pagus romano assumeva il nome di San Paolo, e qualche anno dopo il Comune decideva di ridurre il covone dello stemma a solo 5 spighe di farro per indicare con ognuna di esse i borghi di cui si compone San Paolo: Pedergnana, Oriano, Cremezzano, Scarpizzolo, Frignano.

Partendo dai documenti storici si è costituito un comitato presieduto da Alfredo Seccamani, che intende operare per valorizzare disegni d’arte, storia e tradizioni di San Paolo. Il comitato che ha assunto il nome di Pagus Ferraticanus, ha messo a punto una interessante ricerca sul padre del frumento, la cui semente originale, il Triticum Diciccum, priva di alterazioni genetiche si coltiva a Monteleone e in Garfagnana, dove ha avuto il riconoscimento di prodotto europeo ad “indicazione geografica protetta”.

Considerando che il farro è parte integrante della storia di San Paolo, il comitato, non senza difficoltà, è riuscito a procurarsi a Monteleone 200 chili di chicchi, sufficienti per la semina di 3 piò in un campo messo a disposizione dal Vice Sindaco Vincenzo Gardoni ecurato con amore, è il caso di dirlo, dall’agricoltore Giuseppe Pezzali.
E’ il primo ettaro di terreno che ospita, dopo secoli, l’antica coltivazione biologica, e tutti a San Paolo attendono ormai con impazienza il tempo della crescita e della mietitura.

Nella prima settimana di dicembre una delegazione guidata dal Vice Sindaco e composta dal presidente del comitato Pagus Farraticamis e dal consigliere comunale Annarita Formenti, si è recata a Monteleone di Spoleto (Perugia) per la festa del Farro in occasione della sagra di San Nicola.
Accolta dal Sindaco di Monteleone Nicola Angelini, dall’assessore alla cultura, Renato Peroni, la delegazione del a Pagus bresciano ha preso parte a convegni, spiegando che la terra bresciana, che aveva avuto rapporti con il borgo umbro per la lavorazione del ferro, fu anche gran produttrice di farro, ha assistito al rituale del “farro di San Nicola”, che si svolge il 5 dicembre, vigilia della ricorrenza del Santo patrono del paese, il quale secondo la tradizione avrebbe sfamato i poveri di Monteleone con zuppa di farro. Ancora oggi nella canonica della chiesa viene cotta in un grande paiolo la minestra di farro che il vescovo, a mezzogiorno, distribuisce alla popolazione, cominciando dai bambini che, per l’occasione, anticipano l’uscita dalla scuola.

L’Amministrazione comunale di Monteleone di Spoleto ricambierà la visita a San Paolo in primavera, in occasione della “fiera del verde” allestendo uno stand per la degustazione di ricette a base di farro.
 

 
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