Home arrow Archivio News arrow Don Angelo Corona, l'arciprete di Monteleone di Spoleto
Advertisement
Advertisement
Advertisement
Advertisement
Advertisement
Advertisement
Advertisement

MENU

Selezione Notizie da Web
---------------------------------------------
La Barrozza
I Quaderni di Ruscio
Cronache Moderne
---------------------------------------------
Archivio News
I ritrovamenti archeologici di Pie di Immagine
La Grande Guerra in Valnerina 1915 - 2018
La Miniera di Ruscio
Il campo di prigionia PG n. 117
Notiziario Parrocchiale
---------------------------------------------
Ruscio Solidale
---------------------------------------------
Area riservata
Segreteria Pro Ruscio
---------------------------------------------
Disclaimer
---------------------------------------------
Advertisement
Advertisement

Sondaggi

La piu' bella realizzazione della Pro Ruscio:
 
Le sezioni piu' interessanti del sito www.proruscio.it
 

Area Riservata






Password dimenticata?
Don Angelo Corona, l'arciprete di Monteleone di Spoleto PDF Stampa E-mail
La Barrozza - Primavera 2024- anno XXXIII n. 1
Scritto da Stefano Vannozzi   


«Ho incontrato nel mio viaggio, successi e insuccessi; sono stato buono e sono stato cattivo; ho ascoltato “osanna” e “crocifige”; mi sono sentito amato e apprezzato ma anche odiato e disprezzato. Nelle singole situazioni ho goduto ed ho sofferto, ma non mi sono fermato. Non mi sono fermato, orgoglioso, al successo; non mi sono fermato, deluso, nell’insuccesso».

Don Angelo Corona (Agriano di Norcia, 28.04.1924 - Spoleto, 25.12.2014) 

Il 2024 è un anno particolare per ricordare la figura di Mons. Angelo Corona, canonico del Duomo di Spoleto e parroco emerito di Monteleone di Spoleto, poiché nell’arco dei 12 mesi ricorrono il primo centenario dalla sua nascita e anche dieci anni esatti dal suo transito terreno. Tengo tuttavia a precisare che questo studio parte da un lavoro di raccolta da me intrapreso dal febbraio 2015, certo che fosse già da allora fondamentale raccogliere documenti e testimonianze sulla figura di don Angelo. A lui sarà inoltre dedicata una guida storico-artistica su Monteleone di Spoleto, realizzata in collaborazione con il sig. Silvio Sorcini di Spoleto e che vedrà la luce nei prossimi mesi.


NOTIZIE BIOGRAFICHE

Angelo Corona, figlio di Giuseppe e Rita Zocchi nasce ad Agriano di Norcia il 28 aprile 1924. Cresciuto in una famiglia contadina, insieme ai fratelli Giacomina, Clara ed Ezio, e amichevolmente appellato “pilu ruscio” per la sua chioma rossa, intraprende la vita religiosa e compie gli studi nei seminari di Norcia, dove all’età di 22 anni è ordinato presbitero il 29 giugno 1946 dal vescovo Mons. Settimio Peroni (Fiesole, 20.10.1878 - Roccaporena di Cascia, 12.10.1958). Continua gli studi ad Assisi, dove il 29 giugno 1948 riceve l’ordinazione sacerdotale. Il giovane parroco inizia il suo ministero pastorale a Castel Santa Maria e Pescia, frazioni del Comune di Norcia. 


 AGRIANO DI NORCIA, 1948 ingresso trionfale in paese (p.g.c. di Gianfranco Flammini)

 

Una bellissima immagine fotografica lo ritrae al suo ingresso trionfale nel paese natale, a dorso di un mulo, il giorno in cui vi celebrò la prima messa. Pochi anni dopo viene trasferito a Monteleone di Spoleto, dove entra il 9 agosto del 1953 accolto dai nuovi parrocchiani e dal sindaco Nicola Salamandra, con il quale aveva stabilito precedenti contatti. 

Qui trascorre in qualità di parroco / arciprete gran parte della sua intensa vita sacerdotale, accompagnato nei primi anni dalla presenza dei genitori e delle due sorelle. Già Vicario Foraneo, per scarsità di sacerdoti il vescovo gli affida il compito di seguire anche altre parrocchie, tanto che dal giugno del 1957 gli viene assegnata la cura pastorale del vicino paese di Usigni (fino al marzo del 1976). 

La malattia di mons. Sestilio Silvestri (Ospedaletto di Norcia, 10.02.1903 - Roccaporena di Cascia, 17.09.1983) lo porta dapprima alla responsabilità di parroco delle frazioni di Trivio e Rescia e poi, alla morte del Silvestri, anche a quella di Ruscio. Dal 2001 al 2014 è canonico della Cattedrale di Spoleto.


IL CARATTERE

“Era un tipo come dire, molto umano, certamente schietto, aperto ad affrontare anche argomenti scabrosi ma sempre con molta intelligenza”. Questa la prima breve, ma incisiva descrizione che ci ha dato Renato Peroni da me interpellato, che soggiunge: “Aveva una visione più globale della parrocchia; cercava di integrare le diverse visioni e divergenze”. In questo quadro di lettura a mio avviso va inserita, ad esempio, la richiesta fatta dopo la morte di don Sestilio (non a tutti i parrocchiani particolarmente gradita) di chiedere “il 10% sulle entrate della festa alla parrocchia di Ruscio” come contributo parrocchiale. Peroni conobbe don Angelo in modo più marginale: “Come detto prima era anche un tipo scherzoso. Non si tirava indietro anche quando c’era da scherzare un po’; però onestamente non è che l’ho vissuto, poiché stando a Roma io ho vissuto di più la parentesi terrena di don Sestilio”. Riguardo ai lavori di prolungamento della chiesa dell’Addolorata di Ruscio e all’abbattimento dell’antico altare settecentesco mi conferma che fu proprio don Angelo a decidere la sorte di questi manufatti: “Sì, era lui che gestiva la questione del prolungamento della chiesa, l’abbattimento del vecchio altare, nonché l’eliminazione della sagrestia”. Alla mia domanda ulteriore, se qualcuno della popolazione locale avesse provato a frenarlo in questa scelta, risponde spiegando che gli effetti di quelle decisioni negli anni successivi avevano pesato molto: “No, nessuno lo ha contrastato. Il terremoto del 1979 aveva creato dei problemi e quindi avevano ricevuto delle sovvenzioni per poterci lavorare. Lui prese l’occasione per prolungare la chiesa. Pensò che fosse meglio così, per renderla più accogliente. Di fatto poi sì è rivelato un boomerang, perché i fedeli nel tempo sono diminuiti e poi si è persa quella fisionomia caratteristica della chiesa originaria. Però lui riteneva che questo fosse meglio per Ruscio e lo ha portato avanti. Oggi abbiamo grossi problemi con la struttura proprio perché lo ha fatto non tenendo conto dell’osservanza di alcune norme basilari. Per cui, volendo far sistemare la canonica, ci sono grosse difficoltà, perché ha cambiato proprio la struttura della chiesa, chiudendo finestre, aprendo porte, quindi alterando l’ossatura della struttura che in una zona sismica non è proprio il massimo. E così oggi abbiamo delle difficoltà a voler rendere operativa ed abitabile la canonica”. Insomma era di un temperamento forte e deciso, che gli ha permesso di vivere e sopravvivere in un ambiente di montagna, non sempre favorevole.


RESTAURI A SAN FRANCESCO, 1960 lettera del parroco, particolare 


 RESTAURI lettera del 12.02.1963 al prof. Martelli

 

A MONTELEONE

Ecco come lui stesso descrive il paese e il carattere dei suoi abitanti:

«Essere nominato Parroco di Monteleone lo ritenni un grande atto di fiducia da parte del Vescovo e il momento della mia maturità. A Pescia avevo fatto il rodaggio, cinque anni di allenamento; primi contatti con le realtà pastorali, prime esperienze di gioie e di sacrifici. Monteleone lo vedevo, e lo trovai, come una palestra più ampia, un campo più vasto, un mondo più complesso. È troppo grande per essere considerato un paesetto, è troppo piccolo per essere considerato una cittadina. Una via di mezzo. Ha tanto del paese, ha qualche cosa della cittadina. 

L’impostazione urbanistica è meravigliosa, propria della cittadina fortezza; il tessuto sociale è paesano. Ma il mio occhio di sacerdote, senza ignorare il resto, si ferma a considerare la popolazione così com’è: la persona, il cittadino, il cristiano. Il Sacerdote è ministro di Cristo e Gesù era a contatto con l’uomo, con ogni uomo: ricco e povero, sano e malato, giovane e vecchio, buono e cattivo, sposato e celibe, colto e ignorante, autorità e suddito, religioso e laico. 



La Parrocchia di Gesù era costituita da questo genere di persone. E qualsiasi Parroco, seguace di Gesù, non può scegliersi i Parrocchiani, ma si immerge, meglio si immedesima, con quelli che… caccia il paese. E Monteleone aveva, ed ha, tanta varietà di persone» (1).




 

NOVENA DI S. NICOLA, frontespizio e lettera ai monteleonesi, 1975, (Archivio della Memoria di Ruscio, fondo Luigi Carbonetti) 

 

 

Il primo atto di matrimonio officiato dal novello parroco nella chiesa matrice di San Nicola Vescovo a Monteleone di Spoleto è dell’ottobre 1953 (2), in occasione delle nozze di Raffaele Giovannnetti ed Elide Rosati. Ne seguiranno tanti e molti altri ancora.

Attivista della Democrazia Cristiana, come si confà ad ogni buon parroco dell’epoca, scrive: «Il momento più difficile lo vivo durante le Campagne Elettorali comunali, quando ogni lista mi vorrebbe vicino e mi vorrebbe lontano. A far l’indifferente comporta fatica».



 MONTELEONE DI SPOLETO piccolo lapidario realizzato da d. Angelo Corona in  S. Francesco

 

Si impegna in numerose iniziative sociali dando per primo l’esempio: «Negli anni ‘60 proposi la fondazione della Pro Loco. Fu subito raccolta la proposta e con un gruppo di volenterosi formammo il primo Consiglio. Per dare un valido aiuto accettai il compito di segretario. Poi mi ritirai da ogni incarico per lasciare il campo agli altri. Anche qui spesso ho notato un esagerato accanimento per avere il potere. Nel rinnovo del Consiglio si arriva alla presentazione di liste, ad una campagna elettorale. È troppo!» (3).

Costante nel volere e nell’agire talvolta deve studiare, anticipare e schivare in modo adeguato chi gli si para davanti quasi muovendosi come una boccia che ruota fra i birilli. È così che definisce alcune delle persone che gli girano intorno. Ma lasciamo ora a lui la parola nel bel capitolo che, non a caso, intitola proprio “TRA I BIRILLI”:

«Prima di venire a Monteleone avevo avuto qualche sentore. Giunto sul posto ne ebbi immediata conferma. Esistevano varie fazioni tra loro in contrasto più o meno accentuato, per motivi spesso futili, o per interessi di potere. Vigevano ancora la legge feudale del più forte che comanda, che vuol dominare, anche se questo stile si andava affievolendo per emancipazione dei più deboli, stanchi di soccombere sempre. “La famiglia tale ha sempre comandato e sempre deve comandare!” era un ritornello, ripetuto spesso. I nuovi arricchiti volevano spazio ed ognuno adunava il clan per far sentire il proprio peso. Anche la politica era causa di divisione. I partiti più forti e più in vista tentavano di emergere e di polarizzare l’attenzione. L’Amministrazione Comunale solo apparentemente era mascherata con l’emblema di un partito politico, ma in realtà era formata dalla fazione emergente in quel momento storico. In questo ambiente si doveva muovere il nuovo Parroco. Ognuno lo vuole con sé. Il Prete vale; il Prete conta; il Prete è potente. L’amicizia con il Prete è considerata preziosa; potrebbe servire anche per avvallare qualche … Forse fu proprio il secondo giorno, dopo il mio arrivo, che un Tizio mi si avvicina e con tanto sussiego si prolunga in auguri, in complimenti, in consigli, in avvisi. Mi fa una rassegna della situazione paesana, mi mette in guardia da questo, da quello e mi assicura la sua disponibilità per ogni evenienza. Nei giorni successivi altri incontri, altri consigli, altri ragguagli. “L’altro giorno stavi a parlare con …” e oggi parlo con te. Domani con altri ancora. Prevenuto e preparato ascoltavo con educazione, lasciando anche l’impressione di gradire quanto mi veniva generosamente elargito. Intanto entravo nel vivo e, pian piano scoprivo la verità. Quando ognuno dice male di un altro alla fine conosci il male di tutti. Ed io ascoltavo, conservavo, analizzavo e tiravo la sintesi. Così ho conosciuto quasi tutto quello che mi era utile sapere. Passando per strada, dialogando ovunque, alle volte avevo la sensazione di fare la Gincana, di passare tra i Birilli. Attento a questo! Attento a quello! Se saluti questo e non saluti quello! Se parli con questo e non parli con quello! “Te la fai con i ricchi” “Parli con quello e quello dice sempre male dei preti” “Quello non va mai in chiesa e gli porti tanto rispetto” “Quello è Comunista” “Quello è Fascista”. Questi sfoghi si fanno soltanto con il Prete. Ci deve essere un motivo. Perché, prescindendo dalla persona, il Prete è stimato e chi se lo può accaparrare si sente più forte degli altri. Questo stile, a Monteleone, ha avuto la sua realizzazione. Ma, grazie a Dio, certe rotture sono avvenute, ed era necessario. Il Prete è di tutti. Non mi sono mai fatto portare a cavezza. “Buon giorno e buona sera” a tutti; e me ne vado leggero con la mia libertà. Tale comportamento alle volte ti lascia con le ossa rotte, si può pagare anche a caro prezzo, ma la gioia dell’indipendenza compensa tutto. Più di una volta sono stato accusato di non aver votato per una determinata Lista. 


 PRO LOCO DI MONTELEONE DI SPOLETO, VHS, 1990 c.a, Lino Carbonetti, Angelo Perleonardi, Angelo Corona.

 

Ho sempre risposto: “Io ho votato come te; tu hai votato per chi volevi; anch’io ho votato per chi volevo; quindi ho votato come te”. L’accortezza di muovermi tra i Birilli non mi deve mai mancare. Qualche squilibratura mi sarà anche capitata. Camminando in questo terreno, non sempre livellato e pianeggiante, ho cercato di estraniarmi da nessuno e nessuna cosa. Mi sono imposto, alle volte, una particolare carica di buona volontà e di fede per accettare tutti, per voler bene a tutti, per stimare tutti. I difetti che ho scoperto nelle persone, veri o apparenti, non mi hanno impedito di conservare, ugualmente, i legami. La mia educazione cristiana sacerdotale mi suggerisce di applicare la fede e la carità in ogni azione, in ogni pensiero. Sento ben radicata in me la convinzione che un pizzico di verità si trova in ogni persona e che gli sbagli e i difetti, anche veri, non devono soffocare tante virtù e tante buone risorse nelle singole persone. Quando uso questi criteri cresce la capacità di fare una buona ginnastica tra i Birilli” (4).

Nel 1971 don Angelo si reca negli Stati Uniti, a Trenton, per rinsaldare i legami un po’ allentati fra le due comunità, e riscuote un grande successo. Un gruppo di 179 italo-americani della “Società Monteleonese” ricambia l’incontro con un viaggio a Monteleone nell’agosto 1973, in occasione delle celebrazioni della festa della Madonna della Misericordia. Nello stesso anno il nostro curato inizia a comporre, scrivere e pubblicare con cadenza periodica il bollettino parrocchiale, che diventerà in breve un importante foglio d’informazione non solo per i parrocchiani ma anche e soprattutto per chi vive fuori del paese.

Preoccupato per la disoccupazione di tanti giovani senza un mestiere e ricordando che in passato a Monteleone era presente una rinomata fabbrica di stoviglie e laterizi, ha l’idea di costituire a Ruscio, nella sede dell’ex asilo, una scuola cooperativa di ceramica, impiegando tre giovani diplomati all’istituto d’arte di Civita Castellana (VT). Porta pertanto un campione d’argilla a Deruta per farla esaminare a degli esperti del settore. Interessa anche il cardinale Egidio Vagnozzi, che prende subito a cuore la nobile iniziativa ed elargisce molto denaro per l’acquisto dei macchinari necessari ad avviare la produzione. Purtroppo, per una serie di ragioni, l’impresa fallisce presto, lasciando molti debiti e una grossa amarezza fra i promotori dell’opera.

 


 CITTA' DEL VATICANO, 2000, Papa Giovanni Paolo II e don Angelo

 

Don Angelo si interessa inoltre alla ricostituzione della banda musicale del paese (1977), della quale ricorda “ho avuto l’onore e la gioia di averne fatto parte anch’io per otto anni con il saxofono contralto”, rinunciando poi per una malattia.

In anni più recenti scrive anche articoli con lo pseudonimo di “Galeno Canoro”, anagramma del suo nome e cognome.


ALCUNE TESTIMONIANZE

Difficile raccogliere in un paese, testimonianze che permettano una ricostruzione quasi verosimilmente completa sulla figura umano di questo o quel personaggio senza tendere a calcare il classico stereotipo della persona sempre buona e perfetta, che non è certo realtà di questa terra. Ci abbiamo provato ugualmente e qualcosa è comunque venuta fuori! Del resto don Angelo stesso ha scritto di sé e illustrato la sua figura senza troppi giri di parole, caso più unico che raro.

Giuseppina Ceccarelli, oltre alle molteplici attività pastorali, ricorda le prime gite culturali. Gli ho chiesto anche notizie sulle sorelle che erano con lui. Giacomina si sposò proprio a Monteleone con Albino Peroni, da cui ebbe due figli: “Clara si è trasferita qui con don Angelo e gli ha cresciuto questi due figli dell’altra sorella, morta prematuramente, che era Giacomina. Non so se è morta di parto, perché il figlio si chiama Giacomo… Sono Cresciuti con don Angelo e questa zia, che è deceduta anche lei abbastanza giovane tra l’altro”. Alla mia domanda da quando l’hai conosciuto e che ricordo ne hai, continua: “Mi ha battezzato (io sono del ’57). Da piccola lo ricordo un po' severo. Aveva comunque i suoi momenti d’allegria. Faceva stare tutti i ragazzini insieme e ci ha fatto fare tantissime cose!  L’estate specialmente aveva le suore che l’aiutavano dall’asilo, alla farmacia sino alle colonie. Con lui si facevano moltissime attività, un sacco di gite culturali. I monteleonesi tutte le prime gite le hanno fatte tutte con don Angelo, perché chi si era mai mosso prima! Era molto attivo, sì, ecco poi gli piaceva la storia. Le notizie, tutte le notizie storiche che sappiamo noi oggi, le abbiamo apprese grazie a lui. Prima non conoscevamo nulla sulla storia del paese. E poi, faceva incontri con i giovani, i corsi prematrimoniali, ci metteva a disposizione il teatrino”. Al mio quesito posto intorno al grado di apertura mentale del parroco Giuseppina aggiunge: “Secondo me era aperto, era abbastanza aperto. Certo, se parli con gli anziani di qui, diversi l’hanno con lui e dicono che si era venduto un sacco di cose della chiesa, ma io a questa cosa non ci credo, perché lui era talmente appassionato alla storia, ci teneva tanto. 

Una volta mi aveva fatto entrare in sagrestia e mi ha fatto vedere tutte le cose conservate lì dentro, ma le teneva custodite benissimo. 


 

 MI RACCONTO, Un prete così!, frontespizio, 1998, testo autobiografico


Aveva fatto una mostra a San Francesco tanti anni fa con tutte quelle opere. Avrò avuto 16-17 anni penso e, poco dopo che ha fatto questa esposizione, hanno rubato. C’è stato un furto e hanno asportato le cose più belle e preziose. Da questo episodio sono nate le dicerie che don Angelo si era messo d’accordo con i ladri! Era una cosa in cui non posso assolutamente credere! Assolutamente, perché non era così, non era assolutamente così. Lui ecco, la cosa che maggiormente gli dispiaceva è che nessuno lo seguiva. 

La nostra associazione (ArcheoAmbiente ndr) è nata dopo che lui se ne era andato. Infatti quando è ritornato (veniva spesso a Monteleone) lo diceva: «Se l’aveste fatta prima io vi avrei aiutato in molte cose». Prima c’era tanta, anzi c’è ancora tanta ignoranza; questo paese purtroppo è così!”. Ci racconta poi come iniziò la prima raccolta, il primo lapidario voluto da don Angelo come un bene comune, collettivo aperto a tutti: “La raccolta di reperti e manufatti lavorati era inizialmente nel giardino a casa sua, alla parrocchiale di San Nicola. Vi erano tutti i pezzi che ora sono nel corridoio superiore del chiostro di San Francesco, recentemente chiuso al pubblico da una cancellata. Lì nel giardino, senza problemi, lui faceva entrare tutti, illustrava e raccontava la loro storia. Con l’aumentare dei pezzi e per esiguità di spazio pensò di metterli a San Francesco in modo da creare un lapidario pubblico. Dopo il terremoto del 1979 vi fece portare anche la statua funeraria fino ad allora posta fuori della chiesa di Sant‘Erasmo al Trivio. I triviari si erano pure arrabbiati con don Angelo perché gli aveva portato via questa statua”. Umanamente come lo descriveresti? E lei: “Per me è sempre stato un punto fisso, d’appoggio, su cui contare: qualsiasi problema potessi avere bastava andare da lui che ti spiegava le cose, ti aiutava se poteva. Sì, per me ti ho detto, qualsiasi cosa andavo lì. Aperto con tutti. Io ad esempio avevo mio padre che era toscano, bestemmiava a più non posso, agnostico, eppure don Angelo lo invitava spesso a cena, litigavano, “baccajavano”, però si cercavano sempre; don Angelo stesso, veniva volentieri a casa a parlarci”.

 


CONVENTO E CHIESA DI SAN FRANCESCO, frontespizio, 1997

 

Tiziana Angelini ne rammenta le capacità morali, di aggregatore e precettore: “Mi ha cresciuto dalla prima comunione sino al matrimonio. È stato un sacerdote esemplare. Ci ha educati nel vero senso della parola perché comunque, oltre a insegnarci il catechismo e i dettami della Bibbia (e tutto ciò che riguarda la Religione), era anche un educatore. Ci faceva giocare, ci faceva stare in comunità. Ci ha insegnato a stare insieme tra bambini. Ovvero con lui c’era il momento del gioco e il momento che si doveva lavorare! Praticamente insegnava il catechismo in un modo che come lui non l’ha insegnato nessuno. A me sono rimaste regole, nozioni, ancora dopo quaranta / quarant’uno anni, e non è poco! Lui radunava e raggruppava le persone, le avvicinava, non seminava odio, non seminava tutto ciò che divide le famiglie, ma anzi, le univa. Io ho avuto un’esperienza bellissima. Lo ricordo con tanto amore e ogni volta che si parla di lui mi emoziono… Bellissimi ricordi, una gran persona!”.

Gimmi (alias Girolamo) Iachetti, che per diverso tempo è stato nel comitato economico-parrocchiale, si sofferma invece sugli aspetti di socialità e praticità che don Angelo aveva nelle cose di tutti i giorni che, a suo dire, non tutti i parroci odierni hanno: “Con me e con mio padre Gilberto ha sempre avuto un ottimo rapporto, così come con i miei figli. Tanto è vero che, fo’ per dire già soltanto la benedizione di casa, io non la facevo, o meglio, prima lo invitavo a pranzo e poi lui benediva la casa!”. Incalzato da altre mie domande sull’aspetto caratteriale precisa: “Era sicuramente una persona con una intelligenza al di sopra del normale, al di sopra della media; interessato a tutto: interessato all’arte, interessato alla politica. Poi si incontrava spesso come mentalità con mio padre, era forse facendo a suo tempo anche l’antiquario che l’interesse comune per l’arte li portò insieme a San Francesco. Lì per la prima volta loro entrarono dentro quella che è stata poi la sala parrocchiale… Poi è stata svuotata, proprio dove c’è oggi il teatrino”. 

FARRO frontespizio, 1989, (Archivio della Memoria di Ruscio, fondo Luigi Carbonetti)


Gli chiedo notizie sui familiari che erano con lui a Monteleone e continua: “Don Angelo aveva una sorella che viveva con lui: Clara, e aveva anche due nipoti, che per don Angelo erano come due figli. È stato un prete anomalo anche per questo motivo. Alla fine si è trovato a fronteggiare tutti i problemi che ha un genitore normale, capito! Perciò i figli andavano a scuola, i figli eh… che ti posso dire. Ne seguiva i passi, dai primi innamoramenti a quando litigavano, poi dopo la casa per Giacomo, la casa per Rosaria. 


 FAMIGLIA CRISTIANA del 04.10.1998 (p.g.c. di Alberto Vannozzi)

 

Diciamo che ha gestito per intero i suoi nipoti, a tutti gli effetti, come se fosse stato un genitore. (…) Era poi uno che aveva un ottimo rapporto anche con la comunità e se una persona stava male, una persona era moribonda, una persona era invalida, lui l’andava a trovare regolarmente a casa”. E indugiando infine sulla praticità del parroco di allora, conclude: “È stato un prete! Dopo di lui i preti (come lui) sò finiti! È cambiato proprio il sistema dei preti… Era un ottimo organizzatore, Io mi ricordo che quando andò a Spoleto una cosa gli rimase impressa, di non trovare nel presepe del duomo il bambinello! «Ma ti pare che il Duomo di Spoleto non cià ddavè lu bambinellu!», queste parole disse. Lui, per dire, è uno di quelli che tutti gli anni dentro la chiesa immancabilmente faceva il presepe, completo. Era organizzato sotto questo punto di vista e non solo. Se c’era da sostituire un coppo rotto saliva sul tetto e provvedeva; se c’era da cambiare un filo faceva da elettricista, faceva altrimenti il falegname e così via. Insomma, gestiva chiesa come casa sua! Mi ricordo che quando è andato via, altri sacerdoti dopo di lui dicevano: Qui manca il coppo, se chiamate il muratore bene, altrimenti ci piove!”.


L’amico e studioso Romano Cordella, interpellato intorno a una pubblicazione da lui curata, in cui scrisse il nostro don Angelo, ci ha fornito questa bella testimonianza: “Il volume collettaneo Memorie di Agriano uscì nel 2006 e fu presentato ad Agriano di Norcia il 20 agosto alla presenza di un folto pubblico e degli autori. Fra questi anche don Angelo Corona, che aveva scritto il testo “Vivere ricordando, ricordare per vivere” (pp. 227-246). Don Angelo era originario di Agriano, per questo non poteva mancare una sua testimonianza in quel libro. Io l’avevo conosciuto nelle mie frequenti puntate a Monteleone di Spoleto e ancor prima grazie alle sue pubblicazioni. C’è stata sempre simpatia tra noi. Ne apprezzavo la speciale attenzione dedicata alle vicende storiche di Monteleone, ai suoi figli e ai monumenti. Un prete d’altri tempi, come si dice, uno dei tanti che ho avuto il piacere di incontrare. Simboli viventi di una realtà sociale e religiosa ormai al tramonto che avevano una caratteristica in comune: l’ironia e l’arguzia sotto la scorza montanara. Un anno prima che morisse andai a trovarlo dove si era ritirato alla fine del suo ministero sacerdotale, vale a dire nella canonica del duomo di Spoleto, a un passo dalla mondana piazza festivaliera, anni luce lontano dall’umile recesso in cui era vissuto. Mi accolse nella sua stanza piena di libri, cartelle, foto e ricordi bene ordinati che dettero lo spunto a una cordiale chiacchierata. 


SPOLETO, Piazzale del Duomo, 2013, da sinistra d. Angelo Corona, Romano Cordella, d. Luigi Piccioli (p.g.c. di Romano Cordella) foto di Pietro Rindinella


Mi raccontò episodi e notizie che non conoscevo. Mi mostrò, fra l’altro, alcuni manoscritti di Adolfo Morini (5), lo storico casciano, donatigli dalla vedova del figlio Vincenzo, una professoressa originaria di Cantalice che ebbi come preside di scuola media a Norcia. La bibliografia di don Angelo non è copiosa come quella del suo omologo don Ansano Fabbi, parroco di Todiano di Preci, ma è comunque consistente. In don Angelo il pubblicista coesisteva con la figura dell’animatore sacro e un pizzico profano della comunità. Meglio di altri giudizi personali vale la foto che mi ritrae con lui proprio in piazza del Duomo il 24 maggio 2013 in compagnia di don Luigi Piccioli, mio ex collega all’Istituto G. Spagna di Spoleto. La scattò un amico connivente. Mentre parlavo con don Angelo mi accorsi di un’occasione assolutamente da non perdere, cioè l’incontro fra due preti della stessa pasta prossimi a un probabile duello verbale. Che infatti non mancò: battute salaci tra lo sfidante don Angelo e il sornione don Luigi che reggeva botta senza punto scomporsi. Non ricordo l’oggetto del contendere ma non ha importanza. Basta guardare i loro volti e il sorriso stampato sul mio, divertito come non mai da quel siparietto inatteso”.


L’IMPORTANZA DEI BENI CULTURALI

Don Angelo intuisce il valore di raccogliere in tempo le testimonianze orali sulla scoperta del celebre carro. Ne è prova la registrazione su nastro eseguita il 06.09.1959, con l’assistenza tecnica di Gaetano Iachetti (6) (Monteleone di Spoleto, 30.07.1909 - Roma, 17.06.1986), a Giuseppe Vannozzi, uno degli scopritori della biga di Colle del Capitano. La trascrizione integrale dell’intervista è stata pubblicata nel 2000 da don Angelo su “La Biga di Monteleone di Spoleto, raccolta di Notizie - Monografie - Articoli (…)”, ma certamente per una svista, l’autore scrive erroneamente che la registrazione era stata fatta da Sandro (Alessandro) Iachetti.

 

DON ANGELO CORONA, omaggio dell’Autore Stefano Vannozzi, 2024

 

«Ho avuto sempre coscienza di essere custode di tanti beni preziosi, intrinsecamente per l’arte, ma soprattutto perché rivelatori della fede e della cultura degli antenati. Credettero ed esaltarono i contenuti della Fede anche con gli oggetti di culto. Valore reale, allora, ma anche valore affettivo e storico. A me il compito di custodirlo, di proteggerlo. Ho sempre desiderato di metterlo in evidenza per il godimento dei cittadini e dei turisti e perché, attraverso questo patrimonio, si trasmettesse la cultura locale. Molti pezzi importanti necessitano di un restauro prima che deperiscano completamente. Mi amareggia il cuore la constatazione di non aver trovato a Monteleone, a nessun livello, una fattiva collaborazione in questo settore. Si è parlato di Museo, ma nessuno ha mosso un piede e sul progetto stesso del Museo ho letto quasi la volontà di un… secondo esproprio. Ho invocato degli Sponsors per restaurare qualche oggetto, ma nessuno si è fatto avanti. Questa noncuranza verso il patrimonio artistico è stata clamorosamente rivelata nella presentazione della monografia su “Convento e Chiesa di San Francesco a Monteleone di Spoleto”. È l’unica pubblicazione di un lavoro di ricerca sui beni artistici del paese. Da pochi è stato accettato. Da molti ha raccolto indifferenza e disprezzo».

Fra il 1956 e il 1960 si attiva e interessa presso la Soprintendenza ai Monumenti ed alle Gallerie dell’Umbria per fare eseguire importanti lavori di restauro per la chiesa superiore di San Francesco. Il cantiere prevede la ricostruzione del tetto, il rifacimento totale del pavimento interno con cotto dell’Impruneta e la risarcitura dei vecchi intonaci. Questi lavori rimettono in luce un palinsesto di affreschi che noi tutti oggi conosciamo ma che all’epoca erano sconosciuti, perché ricoperti da uno scialbo di calce. Vennero poi consolidati dal restauratore Fausto Blasetti. Nello stesso periodo sono vuotate tutte le antiche sepolture e le fosse carnarie della chiesa, ma senza alcuna indagine scientifica o documentaria per i posteri. Fra il giugno del 1960 e l’estate del 1964 si fa promotore per il restauro degli affreschi della chiesa inferiore, poi affidati alle mani del restauratore Arnaldo Blasetti di Antrodoco, ma residente a Perugia. Scrive al Ministero della Pubblica Istruzione e al Provveditorato OO.PP. anche per chiedere un intervento di restauro sulle facciate Sud e Ovest del chiostro. 

Ancora nel 1969 segue il restauro della madonna lignea di Castelvecchio, su cui interviene il restauratore perugino Romeo Mancini. Negli stessi anni raccoglie nella sacrestia che ritiene un luogo sicuro e fuori dalla portata dei ladri numerose opere d’arte e vi porta anche gli ex voti fino allora conservati in S. Maria della Quercia. 

Ma i locali erano purtroppo privi di qualsiasi protezione antifurto e la scelta si rivelò poi fatale. Nel 1974 questi ed altri oggetti d’arte sacra vengono esposti in una mostra che accoglie e attira per la prima volta un grande pubblico e anche gli occhi e le mani di malintenzionati. Un grave furto avvenuto nella notte fra il 26 e il 27 ottobre 1976 depaupera il patrimonio storico-artistico di Monteleone di vari dipinti su tela, messali, carteglorie, ostensori in argento, croci astili e crocifissi lignei e scompaiono cinque tavolette votive della Madonna della Cerqua. Per quanto ho potuto appurare ritornerà solo la statua lignea della Madonna di Castelvecchio e un crocifisso ligneo. Dopo questo fatto l’amministrazione del Consorzio dei Possidenti di Monteleone si offrì di dotare la struttura di porte blindate, per meglio proteggere le ricchezze artistiche superstiti custodite nella chiesa. Le malelingue se la prendono col parroco, ipotizzando una connivenza fra questi e i malviventi.

Nel 1997 in occasione della riapertura della chiesa dell’Addolorata in Ruscio dopo anni di cantiere, si inaugura anche il nuovo altare (che sostituisce a quello originario in muratura e stucchi distrutto per l’ampliamento). Si tratta di un manufatto antico (7), proveniente da San Francesco, come il bel paliotto policromo sottostante, spostato negli anni 1959 - 1960 nella chiesa parrocchiale di San Nicola. Si tratta ovviamente di movimentazioni effettuate autonomamente, senza alcuna autorizzazione dagli enti preposti alla conservazione dei Beni Culturali. 

Di queste distruzioni e di quella fatta anni prima in luogo dell’antica abside romanica della chiesa campestre di Castelvecchio don Angelo non fa alcuna menzione. Tali scelte restano oggi inaccettabili e incomprensibili. È un mistero come possano essere state condotte per iniziativa di un uomo così appassionato di arte e storia antica.

Oltre alla pubblicazione del predetto bollettino parrocchiale don Angelo è stato autore di numerosi testi e monografie sulla storia e l’arte di Monteleone di Spoleto, fra i quali mi piace ricordare i seguenti:

- Novena di S. Nicola patrono di Monteleone di Spoleto, dattiloscritto, novembre 1975

- Monteleone di Spoleto: guida storico-turistica, Panetto & Petrelli, Spoleto, 1980

- Il farro: (triticum durum dicoccum): piccola ricerca, Monteleone di Spoleto, 1989

- Convento e chiesa di San Francesco in Monteleone di Spoleto, Umbriagraf, Terni, s.d. ma 1997

¬- “Mi racconto”: Un prete così!, Tipografia Normograph, Roma, 1998

- Duomo di Spoleto. Misterium Salutis di Filippo Lippi: riflessioni personali, 1999

- Monteleone e i suoi figli migliori, 2000

- Raccolta di notizie, monografie, articoli riguardanti la Biga di Monteleone dal 1902 al 2000

- Monteleone di Spoleto visto da vicino, Diemme, Bastia Umbra, 2001

- Straccetti di storia di costume di battute leggere!, Litografia spoletina, Spoleto, 2005

- Vivere ricordando, ricordare per vivere, in AA.VV., «Memorie di Agriano raccolte in occasione del XVII centenario di S. Vito», a cura di Romano Cordella, Agriano 2006, pp. 227-246; 249-252, 257-258

- Monteleone di Spoleto e dintorni: settembre 1943 - maggio 1944, 2010

In collaborazione con la Pro loco di Monteleone di Spoleto, insieme a Lino Carbonetti e Angelo Perleonardi, negli anni ’90 ha dato voce e illustrato un VHS su “Il complesso monumentale del Convento di San Francesco in Monteleone di Spoleto”.


ANCHE EDITORE DI CARTOLINE

Notizia certamente sconosciuta a molti è che don Angelo è stato anche editore (nonché autore delle foto) di cartoline illustrate a colori, realizzate per conto della parrocchia con la dicitura “Ed. PARROCCHIALE S. NICOLA”. Si tratta una serie di sette diversi soggetti, stampati nel 1989 e raffiguranti il panorama del paese da Ruscio, nonché gli interni ed esterni della chiesa di San Francesco. Le cartoline erano ancora in distribuzione con offerta libera nel 2010 nella chiesa di San Francesco.


GLI ULTIMI ANNI

Nel 1998 festeggia il 50° di sacerdozio e due anni dopo, nel marzo del 2000, su intervento dell’arcivescovo di Spoleto-Norcia, Mons. Riccardo Fontana (1996-2009), ottiene il titolo onorifico di Monsignore. Si tratta di una carica in genere richiesta dal vescovo locale al Papa. Il sacerdote così nominato è pertanto considerato membro a tutti gli effetti della famiglia pontificia. Successivamente, su disposizioni superiori, il 13 ottobre del 2000, dopo ben 47 anni di presenza a Monteleone, lascia il paese per trasferirsi nella curia arcivescovile di Spoleto, ma il suo pensiero rimane fortemente legato a questa comunità. Ad Alberto Vannozzi (Roma, 08.01.1929 - ivi, 08.05.2023), con il quale continua nel tempo un lungo rapporto telefonico ed epistolare. Sul retro di una foto del duomo spoletino, un mese esatto prima della sua accidentale dipartita scrive: “Spoleto 25-11-2014 / Grazie di tutto il materiale che mi hai inviato. È tutto prezioso. Su Monteleone ci sarebbe tanto da scoprire, da dire, da ammirare. Un Caro saluto anche a Pasqualina. Don Angelo Corona”. L’amico volle successivamente lasciare una dedica dal titolo “Testimonianza” in ricordo dell’anziano parroco, ma per diverse vicende il suo scritto rimase inedito. Ne effettuo ora per la prima volta la pubblicazione: “Testimonianza. Posso ricordare, non senza amarezza, la perdita della nostra guida spirituale e culturale. Già da diversi anni era sceso in transumanza, non per sua volontà: avrebbe voluto terminare il suo lavoro che aveva iniziato tanti anni fa. 

Ci ha fatto conoscere (sia ai parrocchiani che agli oriundi) Culture di altri popoli, sino in America! Ne ho testimonianza sino a pochi giorni prima della sua dipartita; il suo pensiero era Monteleone e i suoi parrocchiani. 

Da quando si è trasferito (a Spoleto) qui a Monteleone ogni ordine delle cose che lui sapeva svolgere e svolgeva anche a fatica ma con impegno si è fermata. Non vorrei fare il sapientone, ma in una comunità isolata tra le montagne si viveva come in famiglia. Grazie don Angelo per il tuo giornale locale di cui tu eri redattore, giornalista, compositore e spedizioniere! Aspettavamo con ansia il mensile che ci teneva legati come un filo, alla terra dei nostri avi. Grazie per le tante opere letterarie su Monteleone, che ci hanno dato la possibilità di conoscere l’importanza storica e spirituale. Dio ti benedica e ti accolga nella sua casa per riposarti. Ciao!”. 


 

IL DUOMO DI SPOLETO, fotografato da  don Angelo Corona e sul retro l’ultimo suo scritto (p.g.c. di Alberto Vannozzi) 


Grazie ad Alberto, dopo diversi anni riuscii a riprendere i contatti con l’anziano sacerdote. Anzi devo dire che trovai telefonicamente don Angelo molto disponibile e percepii chiaramente la sua voglia di dialogo. Rimandai però troppo la visita, che alla fine divenne impossibile.

Alla vigilia del santo Natale 2014, in seguito ad una caduta accidentale, il nostro curato si procura una frattura per aver messo un piede in fallo e viene operato. Di lì a poco muore. I funerali solenni hanno luogo nel Duomo di Spoleto, gremito di gente e di sacerdoti venuti a porgergli l’ultimo saluto. La salma, dopo le esequie, è stata trasportata a Monteleone di Spoleto per un breve ultimo saluto e poi tumulata nel piccolo cimitero di Agriano, dove riposa insieme alla sorella Clara.


 AGRIANO DI NORCIA, Cimitero, particolare della lastra funebre, estate 2015.

 

Bibliografia specifica su don Angelo Corona:

Galeno Canoro, Industria dell’immondizia una nuova prospettiva?, in «La Voce», 19 aprile 1996.

Peroni F., Grazie Don Angelo!, in «la Barrozza», notiziario quadrimestrale dell'Associazione Pro - Ruscio, a. VII, n. 2, Estate 1998, p. 2.

Comunità Parrocchiale, Ha dissodato anche terreni aridi, in «Famiglia Cristiana», a. LXVIII, n. 39, 4 ottobre 1998.

Marconi C., La Porta Santa a Monteleone, in «Il Messaggero», 29 dicembre 1999.

Morichelli S., Un libro sul paese e don Angelo diventa scrittore, in «Corriere dell’Umbria», 5 gennaio 2000.

N.N., Monteleone di Spoleto. Festa grande per la promozione del parroco. Don Angelo diventa monsignore, in Corriere dell’Umbria del 29 marzo 2000.

Morichelli S., Ricordi da parroco, in «Corriere dell’Umbria», 2 settembre 2000.

Tiberi L., La biga di Monteleone, in «Corriere dell’Umbria», 22 ottobre 2000.

Marchetti R., Mons. Angelo Corona ha lasciato la parrocchia di Monteleone di Spoleto, in «Il Giornale dell’Umbria», 30 ottobre 2001.

Marchetti R., Don Camillo Ragan è il nuovo parroco di Monteleone di Spoleto, in «Il Giornale dell’Umbria», 19 febbraio 2002.

Peroni R., Don Angelo Corona premiato nel concorso letterario “Le Rosse pergamene”, in La Barrozza, a. XVI, n.1, Pasqua 2007.

AA.VV., Festa in onore della Madonna Addolorata di Ruscio 23 agosto 2009, pp. 3 - 4; 8 - 9; 25.

Morichelli S., È deceduto Monsignor Angelo Corona Canonico del Duomo di Spoleto e parroco emerito di Monteleone di Spoleto a seguito di accidentale caduta, in «Corriere dell’Umbria», dicembre 2014.

Vannozzi S., RUSCIO IN CARTOLINA. Immagini, ricordi e saluti da un villaggio della Valle del Corno, Collana «I Quaderni di Ruscio», n. 10, Associazione Pro Ruscio (a cura di), con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della Regione Umbria, Centro Stampa Regione Perugia, Fontivegge - Perugia, agosto 2015, p.110.

Ottaviani V., Perelli G., Peroni R. (a cura di), La storia della nostra pro loco (…), I Quaderni di Ruscio, n. 11, edizioni “La Barrozza”, 2017, pp. 55; 62-63.

Flammini G., Figure di preti: racconti autobiografici, Book Sprint Edizioni, 2019.

Agabiti F., Figure di preti, nelle chiese vuote di Pasqua 2020, in «La Barrozza», notiziario quadrimestrale dell'Associazione Pro - Ruscio, a. XXIX, n. 1, Pasqua 2020, pp. 10-11.


ANNOTAZIONI

(1) Corona A., “Mi racconto”: Un prete così!, Tipografia Normograph, Roma, 1998, p. 95.

(2) Monteleone di Spoleto (PG), Parrocchia di S. Nicola, Liber VI, Registro Atti di Matrimonio, atto di Matrimonio n. 6, del 11.10.1953, p. 250.

(3) Corona A., op. cit., p. 102.

(4) Corona A., op. cit., pp. 104 - 106.

(5) Sarebbe il caso di recuperare questi documenti affinché possano essere riuniti al fondo Morini, depositato presso la Biblioteca comunale Augusta di Perugia. Un anno prima della sua dipartita don Angelo fu contattato e visitato da un parente dello storico casciano, al quale invece negò in modo assoluto di avere tale documentazione.

(6) Vannozzi S., Monteleone di Spoleto fra ricerca e storiografia locale: l’esempio e l’opera di Gaetano Iachetti (1909 – 1986), in «Leonessa e il suo Santo», a. XLIX, n. 287, marzo - aprile 2013, pp. 15 - 17.

(7) Il restauro venne fatto eseguire da don Angelo Corona con denari lasciati per la chiesa da don Sestilio Silvestri. Il cartello metallico apposto sulla cantonata destra, pur con qualche errore, recita: “Altare ligneo del sec. XVII proveniente dalla chiesa di S. Francesco. Restaurato con donazione di Mons. Sestilio Silvestri Parroco di Ruscio 1938 - 1983. Ruscio 17 agosto 1997”. Sulla trasformazione della chiesa, si legga: Peroni I., breve storia della Chiesa (…) in Festa in onore della Madonna Addolorata di Ruscio.

 














 
Pros. >