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Monteleone di Spoleto tra i IX e il XVI secolo - seconda parte) E-mail
La Barrozza - Natale 2006 - anno XV n.3
Scritto da Valentina Di Sabatino   

Continua la pubblicazione dell’interessante lavoro di ricerca e di analisi storica degli Statuti di Monteleone, realizzato dalla Dr.ssa di Sabatin. La Prima parte e’ stata pubblicata sul numero dell’estate 2006.

Seconda parte: dalle 1300 al 1500

Nel 1300 vennero rinnovate le promesse di obbedienza fatte al comune di Spoleto, al suo podestà, al capitano e ai priori per confermarne la sudditanza. Si impegnò a liberare i prigionieri di Vetranola e a restituire i beni razziati a Spoleto; rinnovò inoltre l’offerta del pallio per l’Assunta che aveva sospeso per diversi anni. Monteleone, nel periodo di sede avignonese, seguì le sorti di Spoleto, con l’alternanza di governi ora Guelfi, ora Ghibellini. Nel 1310 cinque monache Agostiniane, provenienti dal monastero di Santa Caterina di Norcia, al capitolo della chiesa di San Nicolò a Monteleone,  chiesero ed ottennero una chiesetta per edificarci un monastero.

Tanto la chiesa quanto la casa erano fuori dalla cerchia muraria del 1265. Le suore rimasero al convento per poco più di 20 anni, poi vennero spostate, da un esponente della famiglia Tiberti, nel convento di San Giovanni. Nello stesso periodo i  castelli di Vetranola e Monteleone furono distrutti; il primo non risorse mai più, il secondo venne ricostruito poco più a sud, ai piedi della chiesa di San Nicolò. Spoleto contribuì alla ricostruzione, inviando un podestà e un castellano con presidio militare. Il sotterraneo della Chiesa di San Francesco venne adibito ad arsenale e custodia delle armi; fu in quest’epoca che la fabbrica del convento venne riaperta e fu costruita la chiesa superiore e sopraelevato il portico.

Nel 1320 i Monteleonesi e i Casciani accorsero a Spoleto a sostenere la parte ghibellina e tennero la città fino al 1324. Durante il 1328 (in seguito al terremoto che sconvolse la Valnerina) venne ricostruito il castello; della costruzione si occupò nuovamente l’amministrazione spoletina. La nuova cerchia di mura comprendeva, oltre al vecchio quartiere di San Nicolò, anche il rione di Santa Maria, la piazzetta del mercato, il cassero dell’orologio e il convento francescano. Le mura proseguivano fino alla Chiesa di San Gilberto, a quella della Madonna del Carmine, a Porta San Pietro fino al convento di Santa Caterina.  Nel 1367 in seguito alla ribellione di Cascia e all’arresto di ostaggi portati da Montorio, vari castelli, come Usigni, dominati dai Ghibellini, si ribellarono. Affinché Usigni tornasse sotto il dominio di Cascia, il signore di Monteleone si oppose alla Regina di Napoli. Il 1391 segnò un'altra tappa importante nei rapporti tra i comuni del territorio che aiutarono Spoleto, assediata dalle truppe Guelfe, organizzando una milizia di 700 militi rappresentanti di molte terre sottomesse (anche Monteleone, che fornì il capitano dell’esercito) e di 300 some. Tuttavia, l’aiuto non arrivò mai agli assediati: l’esercito fu avvistato a Monteluco e incontrò una forte resistenza presso la Torre dei Molini da parte del capo guelfo Giovanni De Domo.

Alla fine del XIV secolo, furono nuovamente apportati cambiamenti al convento di San Francesco; la chiesa venne “tagliata” nella sua altezza da una volta a tutto sesto ricavando così due chiese: una superiore e una inferiore. Nella parte superiore furono costruite la sacrestia, il corridoio laterale con le porte di accesso al convento, la facciata ed il portale. Nella parte dell’abside fu chiuso il finestrone originale e furono aperte due finestre per dare luce alle due chiese. La parte inferiore fu adibita a cimitero, la parte superiore divenne la parte della navata laterale. Nel secolo XV, il castello di Monteleone risentì della sua posizione confinante con il Regno di Napoli e delle contese per il trono tra Aragonesi e Angioini, che, nel difficile periodo di successione, attaccarono anche i confini dello Stato Pontificio.

Nello steso secolo il territorio fu funestato anche dal passaggio delle compagnie di ventura, legate a Filippo Maria Visconti Duca di Milano, che ovunque passassero, lasciavano i segni degli abusi . I Monteleonesei, nel 1458, approfittando della sede vacante di Callisto III e seguendo le mire dei Ghibellini e dei Tiberti, che ancora erano presenti sul territorio, si ribellarono a Spoleto e cacciarono i Guelfi. La vittoria fu effimera perché, già nel 1461, i Guelfi avevano rinnovato l’atto di sottomissione a Spoleto bandendo i Tiberti. A nulla valsero le suppliche di Polione Tiberti che, rifugiatosi a Rieti, scrisse ai Priori della Città di Spoleto: “Magnifici domini et patres amatissimi recomando etc. Multo me meraviglio de alcuna cosa che sento essere istituita contra omne bono vivere […] come è questa de Spolite, cioè del fatto nostro de Montelione, non dico del pigliare ma del comandare per lu contado non siano riceuti li miei homini, ma si che siano pigliati come vostri inimici, et ancora della ordinatione che è questa cioè, mai più casa de’ Tiberti sia nominata in Montelione. […] ma se vui non volete ordinare qualche altra onesta istitutione, me darrite cascione io adoperi contra li miei inimici […]. Et anco piò ve lo dico che nostro fratello sta col magnifico e potentissimo conte Jacovo et à l’intentione secondo me scrive volere conoscere insieme con esso meco tucti nostri nemici di Spolite.[…]” .

Sentendosi minacciata, Spoleto inviò a Monteleone un nuovo podestà, Saccoccio Cecili, con un presidio di settanta uomini. Fu restaurata la fortezza con una nuova torre e alcune famiglie sospette furono costrette ad abitare a Spoleto. A partire dal 1464 furono molti gli scontri per i confini tra Cascia e Monteleone; una “cavalcata” dei Casciani venne respinta da Monteleone, durante la sede vacante seguita alla morte di Pio II, anzi, i Monteleonesi, usciti dalle mura, fecero strage dei nemici e li respinsero.

L’anno successivo, Paolo II ordinò la ricostruzione del castello di Cascia, per portare ordine nei luoghi di confine con il Regno e affidò il governo del castello di Monteleone al commissario pontificio Raffaele di Mantova. Ciò non fu molto gradito ai Monteleonesi, che scrissero ai priori del Comune di Spoleto pregandoli di non abbandonarli, ma di considerarli sempre come figli devoti.

Il territorio della Valnerina divenne rifugio dei banditi Ghibellini, come avvenne nel biennio tra 1474-1475 e durante la  ribellione del 1478. In quest’anno, Papa Sisto IV riunì il territorio della Valnerina sotto un unico responsabile, creando a Norcia il Governatore di Breve, che governava sui territori di Monteleone, Cascia, Norcia, Cerreto e Visso. Con l’elezione di Innocenzo VIII (1494), avverso al re di Napoli, il territorio di Monteleone, essendo terra di confine, fu continuamente razziato fino al 1500. Nel  1494 la lotta tra Alessandro VI e il partito dei  Colonna- Varano - Savelli  si riaccese, soprattutto a causa delle speranze di questi ultimi legate alla discesa di Carlo VIII in Italia  e, a farne le spese, furono anche i castelli della Valnerina. Essi infatti videro passare sul loro territorio le compagnie di ventura, tra cui quella di 400 armati al comando di Camillo e Paolo Vitelli di Città di Castello. Cascia pagò la taglia richiesta, mentre Monteleone tentò la resistenza, ma l’assedio si risolse in una resa e in un saccheggio. Nel 1500 i Casciani e i Monteleonesi, insieme a i Leonessani, costituirono una compagnia di ventura, sotto la guida del capitano Girolamo Gaglioffi, esule de L’Aquila.

La compagnia  sosteneva, nella lotta per il dominio del regno di Napoli, il partito francese, di Bartolomeo d’Alviano e di Virginio Orsini. Lo scontro maggiore si ebbe  ai confini di Leonessa dove i Monteleonesi arrestarono l’avanzata della compagnia favorevole a Re Ferdinando. Il pontefice Giulio II, nel 1506, per sedare le rivolte ghibelline (riprese dopo la fine della dominazione dei Borgia), elesse, come rappresentanti del potere pontificio sul territorio, il Card. Legato Antonio Ferreri di San Vitale e il Capitano di Montagna, il Vescovo di Assisi Mons. Geremia che, nel 1507, fissò alternativamente la residenza a Norcia e Cascia. Con quest’ultima città, Monteleone aprì una vertenza circa la determinazione dei  confini, eseguita dal vescovo Geremia. Giulio II, nella composizione che seguì, diede commissione al giudice generale di decidere, con sentenza definitiva, riguardo la vertenza. La sentenza riportava la supplica dei Casciani al pontefice e la citazione delle parti a comparire entro un certo termine e ad accettare la decisione, pena la scomunica, affinché le due popolazioni potessero vivere in pace.

“Avendo letta e riletta attentamente tale supplica ho appreso come i casciani chiedano citare i Monteleonesi. E noi Geremia, vista la giustezza di tale richiesta, volendo legalmente procedere a definire la lite fra le due parti[…] la pena di scomunica se sarà negligente […] che citiate presso di noi i Monteleonesi, personalmente o nelle chiese di Monteleone […]” .
La controversia non  ebbe fine con le minacce di scomunica; infatti dopo settanta anni il problema dei confini non  era ancora stato risolto. Successivamente alla conquista di Perugia da parte di Giulio II (1506) e la messa al bando della famiglia Baglioni, il governo dell’Umbria fu accentrato maggiormente con la costituzione della Prefettura di Montagna, a cui fu assegnato il Card. Alessandro Farnese (il futuro Paolo III) a cui successe nel 1508, il Card. Leonardo Grasso della Rovere. La prefettura di Montagna si estendeva da Monteleone a Visso e oltre, fino alle città di Mongallo, Montefortino e Arquata.

Fu in questo periodo che il castello ottenne il titolo ambito di “Res Publica Montis Leonis”; tuttavia questa qualifica era velleitaria. Il comune, infatti, rimase sempre soggetto, prima alla signoria di Spoleto, poi al Legato dell’Umbria quindi alla Prefettura di Montagna. Per tutti gli anni venti del XVI sec. il territorio della Valnerina fu nuovamente il rifugio dei fuggiaschi ghibellini, guidati da Petrone di Vallo e Picozzo Brancaleone, i quali si allearono ai Colonna per contrastare le ambizioni dei Medici e degli Orsini. Dallo stesso Petrone fu occupata Monteleone e, l’anno seguente, fu invasa dai Colonnesi e da Brancaleone.


 

 
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