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Figure di preti, nelle chiese vuote di Pasqua 2020 PDF Stampa E-mail
La Barrozza - Pasqua 2020 - anno XXIX n. 1
Scritto da Federica Agabiti   

Si avvicina la Pasqua e leggendo uno dei tanti volumi a firma di Gianfranco Flammini, donati dallo stesso all’Archivio della Memoria di Ruscio, la mia lettura non ha potuto non soffermarsi sul capitolo dedicato al nostro parroco storico, Don Angelo. 

In “Figure di Preti” edito da Booksprint, l’autore ha infatti ben raccontato aneddoti e pensieri affidatigli proprio dal  Monsignor Corona, presentandocelo anche sotto una veste a noi poco conosciuta.

 

 

 

   

Riporto, a tal proposito, uno dei passi che più mi ha toccata, dove un insolito Don Angelo, si mostra stanco e triste: “Ho celebrato con fede i sacramenti, soprattutto ho fatto sì che le mie liturgie infrasettimanali non avessero solo il sapore del ricordo dei defunti. Almeno per me erano e sono celebrazioni di vita, partendo da Te, morto e risorto. Ho battezzato con grande gioia, donando la paternità di Dio; ho benedetto l’amore fresco di tante coppie di sposi. Ho partecipato alla sofferenza di chi piangeva, cercando di consolarla con una speranza.. ed ora eccomi con una sensazione di vuoto, di inutilità, di spossatezza. Le conclusioni sembrano sfuggirmi di mano..” 

Il capitolo continua con il racconto di stralci di vita montanara caratterizzati, di contro alle sopracitate riflessioni, da quella leggerezza e quel tono scanzonato tipici di Don Angelo, che comunque riusciva a non essere mai scontato o superficiale, ma piuttosto intelligentemente simpatico, in grado di cogliere il senso più vero e profondo delle preoccupazioni dei suoi parrocchiani. Era un uomo di chiesa ma allo stesso tempo vicino alle vicende famigliari, politiche e sociali, di cui era ampio conoscitore.

 

 

S.E. Mons. Gino Reali, Don Saverio Saveri, Don Sebastian 

                 

In attesa che il nostro amico Gianfranco ci venga a trovare nella nuova sede dell’Asilo e a parlarci delle figure di preti del nostro territorio, presenti e passate (pensiamo a Don Sestilio, Don Saverio, Don Camillo, Don Sebastian, Don Alessio..) il mio pensiero inevitabilmente va al periodo di emergenza che stiamo vivendo, all’impossibilità di partecipare alla Messa e di affidare le proprie preoccupazioni al prete, come da sempre era tradizione fare nelle nostre comunità. La pandemia ci ha posto problemi nuovi ed anche nuovi modi di affrontarli: fra le misure di distanziamento sociale, sperimentiamo anche quella di distanziamento spirituale, lontani dai luoghi di preghiera e dalle donne e uomini di chiesa. Ci troviamo impotenti nella tragicità di tali eventi, purtroppo già abituati a non considerare più la fede, con tutte le occasioni di vita sociale che ne derivano, parte integrante delle nostre vite, correndo il rischio di velocizzare il processo di allontanamento dalla religione che forse è causa o conseguenza, (chi lo può dire?), della progressiva scomparsa delle figure dei preti FRA LA GENTE.

 

 

Don Sestilio Silvestri e le prime Comunioni

 

 

Don Sestilio Silvestri 

                  

Il ruolo del prete, quello più autentico, era di conoscere i contesti sociali, ricercare e accettare la chiacchiera, mediare, aiutare, ascoltare, stemperare le liti, divertire i più giovani, accentrare con passione, soffrire con i paesani e non darlo a vedere; mentre invece, già da tempo, appare relegato alla celebrazione della messa mordi e fuggi, ridotta ad un esercizio sterile e sempre uguale, quasi da timbratura del cartellino.

Insieme agli anziani, ai vecchi libri, agli oggetti del passato che custodiamo con nostalgia, anche i preti rappresentano i depositari della memoria di tempi andati, i tempi delle nostre piccole comunità, della montagna più alta e più difficile. 

 

Don Angelo Corona 

 

  

Don Camillo Ragan e e Vlasta Supola alla Fonte dell’Asola

CLICCA QUI PER SAPERNE DI PIU'  

 

Non ci rimane che sperare in una funzione catartica della pandemia.. per la società, l’economia, la conduzione delle nostre vite quotidiane, e quindi anche per la religione, che ci purifichi da quelle “…sensazioni di vuoto e di inutilità..” che Don Angelo ha confessato di sentire all’autore del libro, e che appartengono a tutti noi in questo duro periodo. Le sue riflessioni sembrano essere profetiche della parabola discendente che la società dei valori ha rapidamente percorso in questi anni, quando sono cambiati i fedeli insieme agli stessi preti.

E mentre i nostri anziani guardano la Messa in tv, Papa Francesco, nel vuoto impressionante di Piazza San Pietro, concede il perdono di tutti i peccati attraverso i mezzi di comunicazione, raggiungendo tutti i fedeli chiusi nelle loro case. Nel nome di una riscoperta e vera solidarietà implorata dal Santo Padre, ci auguriamo  che il Prete torni ad essere un uomo profetico ed evangelico, capace di dare un impulso sempre nuovo all’evoluzione storica e alle esigenze profonde del popolo, anche con l’uso dei nuovi mezzi di interazione, rincorrendo valori che si sono dispersi. La crisi sanitaria ed economica che ci troviamo ad affrontare hanno bisogno di forti figure di supporto e di accompagnamento. 

 

 

Don Alessio 

 

Il silenzio e gli spazi vuoti e quasi infiniti caratterizzano per gran parte dell’anno le nostre vie. Non siamo abituati ai rumori e alle relazioni sociali a tutti i costi, quelle legate al cliché del caffè, dell’aperitivo o della palestra. Ogni inverno equivale all’attesa paziente della primavera, del sole, del lavoro nei campi, del commercio vitale estivo. Eppure stavolta è cambiato qualcosa, quel silenzio si fa assordante, la solitudine a cui siamo abituati sembra meno pacifica del solito. La pandemia compromette un processo di ripresa già molto lento, equivale ad un altro terremoto nel terremoto, e arriva quando l’esperienza della zona rossa del 2016 è ancora viva nei nostri ricordi. 

In tale contesto, profondamente e dolorosamente cambiato, sogniamo di trovare il prete di una volta, quello che bussava alle porte delle case, una figura che si ponga come il vero pastore del suo gregge, affinché le chiese vuote di questa Pasqua tornino ad essere riempite, senza nasconderci che i banchi erano vuoti.. ben prima della pandemia. 

Quello di cui abbiamo bisogno è un processo di riabilitazione sociale e comunitaria con operatori che restituiscano normalità, vita, affetti, cure e serenità ai nostri anziani, la prospettiva alle giovani generazioni, il lavoro, lo sviluppo, i sogni.




            
 
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