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Le ricette di Ruscio: Giulia e il lievito madre PDF Stampa E-mail
Scritto da Federica Agabiti   
sabato 13 aprile 2019
Continua la rubrica nella quale pubblicheremo le piu’ segrete ricette culinarie delle cuoche e dei cuochi di Ruscio.  Tra tradizione e innovazione, ma certamente con gli ingredienti della nostra terra… e non solo! La Redazione attende le vostre ricette!                       
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Giulia e il lievito madre


Gliulia nel suo regno (foto Archivio Agabiti) 
 
 
“Nonna Giulia e il lievito madre (da un’intervista del 15 maggio 2018).
 
‹‹Allora, prima devi fà lu lievito. 
Aspetta, voiartri mo’ ce mettete lu lievito quello là… lu metti e poi te riviene subito.
Pe non ripija quello [quello di birra intende dire] lasci un pezzetto de pane, de pasta, la lasci su co’ ‘n piatto sopra ‘n po’ de farina sotto, poi fai la croce così [fa il segno della croce con la mano] e lo lasci fà. 
Quanno fra otto giorni devi fà lo pane, metti a bagno lu lievito…co’ l’acqua…›› 
[tutto? O una parte? Chiedo io.] 
 
‹‹No, lasci pocu, fatte conto io facevo lo pane ne facevo 15 filari…8..10… 
Tu lasci più picculo ancora, no? lasci ‘n pezzetto de pasta che te levita, capito? 
Quanno che tu fai lo pane, lasci ‘n pezzetto de pasta, mica tanta, perché te ne serve poca, la lasci su co’ ‘n piatto [ripete come sopra] dopo… te posso di’… dopo tre giorni lo metti a bagno, quanno lo vidi s’è bagnato bene, lo cosi… [lo sciogli intende dire] co’ la mani deve veni’ acqua, ecco… via… e poi ‘mpasti, lo pane, e poi lo lasci fà, fatte conto ‘n’oretta, due, che lu vidi, lo pane, se lievita, che da picculo te vè più grossu, allora dopo è pronto pè cocelo, però è d’ essè lu forno bono››
[Quindi ogni volta ti lasci il lievito per la volta dopo? Chiedo io.] 
 
‹‹E certo, e allora c’hai sempre lu lievito pè fallu, capito come?›› 
[Ma va mantenuto in frigo? Chiedo io.] 
 
‹‹No, no no no, per niente, io lo cosavo, lo lasciavo qui dentro casa, lo mettevo dentro l’arca… ecco, io lo mettevo lì. Quanno te serve lo tiri su, fatte conto, devi fà lu pane domani? Allora oggi tiri fori lu levito, lu metti la sera, quanno la matina lu lievito s’è lievitato, allora lo ‘mpasti e fai lo pane, poi dopo però io facevo? ‘mpastavo… pu’ quanno dopo s’era lievitato ‘n’antra vorta facevo lu filone e poi lo cocevo. Ce vulìa… ecco… pè fà lo pane ce vo’ lu tempo… e tanto… 
Beh, ma, sienti, t’ ‘o dice Giulia, è tutta ‘n’ antra cosa, però, quello pane che se fa, eh, perché se magni ‘na fettuccia de pane de quello…
mai lo sale però, eh, perché lo sale, dopo, se ce mitti lo sale, lo pane…›› 
[Non viene bene? Chiedo io.] 
 
‹‹E no, perché lo sale te cosa no? Invece deve essè normale… non ce deve stà gnente!››
Ecco.. il pane di nonna era pane sciapo, sfornato a serie di 9/10 filoni per volta, di un colore fra il rossiccio ed il dorato al quale non saprei dare il nome giusto, forme allungate che lei “firmava” con due linee oblique in superficie, e che mantenevano il loro sapore e la loro croccantezza a distanza di dieci giorni, senza conservanti, bensì con un pezzetto di lievito che chissà quanti anni vantava.

L’abitudine di avere pane fatto in casa rendeva affascinante l’idea di comprare un filone al negozio, ma soprattutto trasgressiva, perché bisognava farlo di nascosto da nonna.
 
L’intento era quello di svegliarmi presto come faceva lei, e seguirla nel procedimento; purtroppo la sveglia delle cinque era davvero troppo faticosa. Riuscivo a raggiungerla quando con un lungo bastone fasciato di stracci sgomberava il piano cottura dalla cenere e dai carboni e infornava i filoni già lavorati. Le sue erano braccia forti e vigorose che diventavano complici dell’estremo spirito conviviale di nonno Mintonto, al quale nessuno è sfuggito: merende a base di pane casereccio, prosciutto dei maiali della stalletta e vino prodotto nella nostra cantina con l’uva degli amici bevanati. 
 
Per l’ora di pranzo il pane era pronto ed il suo odore è rimasto nei ricordi di tutta la nostra famiglia e piacevolmente anche nelle storie di paese.

Ultimo aggiornamento ( domenica 14 aprile 2019 )
 
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