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La Stazione di posta di nonna Celeste a Ponte Mollo |
La Barrozza - Estate 2015 - anno XXIV n. 2 | |
Scritto da Renato Peroni | |
Qualche tempo fa è stata rilasciata da Luigi Alfonsi una breve intervista, ad una importante Rivista di Roma, sugli anni dell’attività del nonno Luigi, come lui, e della nonna Celeste Bugli, maestri di posta cavalli a Ponte Milvio. Per secoli Ponte Milvio (dai romani chiamato Ponte Mollo) è stata la principale porta d’ingresso dei viaggiatori e per questo, sebbene impropriamente, il viadotto ebbe l’appellativo di “Porta di Roma”. Nella foto accanto Carrettieri in transito su Ponte Milvio. Ritengo sia per i rusciani di un certo interesse approfondire la conoscenza della famiglia Alfonsi, ormai profondamente legata a Ruscio, partendo dalle sue origini per comprendere come sia diventata nel tempo la più importante Ditta di Roma nel campo dei pianoforti. Riporto qui di seguito alcuni stralci dell’intervista fatta; è direttamente Luigi Alfonsi (affettuosamente “Giggi”per i rusciani) a parlare: Mostrando la foto, che riportiamo a lato, “Giggi” continua: …….”Si vantava di essere l’unica a Ponte Milvio di poter aprire il portone sul viadotto dopo l’Ave Maria, quando per ordine delle autorità veniva chiuso al tramonto del sole e i passeggeri dovevano aspettare fino all’alba del giorno dopo. Però questo potere mia nonna lo esercitava solo a favore del clero e i nobili e per i turisti che chiedevano oltre al servizio normale di cambio dei cavalli nella stazione di posta, ch’era un duro lavoro e senza orari fissi, l’affitto di carrozze con stalliere. Frequenti erano i viaggi che organizzava per costoro per visite a Tivoli, Civitavecchia, Fiumicino, i Castelli…..” ”All’inizio del ‘900 morì prematuramente il nonno e da lì a poco, per incedere del progresso e lo sviluppo dei mezzi a trazione autonoma, Celeste lasciò il lavoro della posta cavalli a Ponte Mollo, attività ereditata dai bisnonni dai primi dell’’800, indirizzando i figli da un loro cugino paterno inserito nel campo musicale.”. Con orgoglio “Giggi” Alfonsi conclude: |
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