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Terraemotu anno infelicissimo 1703 |
La Barrozza - Pasqua 1997 - anno VI n. 1 | |
Scritto da Salvatore Paolini | |
Agli inizi del 1703 due terremoti di eccezionale violenza scossero l'Italia centrale. I territori dello Stato Pontificio e del Regno di Napoli furono tra quelli maggiormente colpiti.
Terremoto a Ruscio (1980) (foto R. Peroni) L'evento fu annunciato da due lievi scosse: la prima il 18 ottobre del 1702 e la seconda il 14 novembre dello stesso anno. Ma la prima grande scossa avvenne di domenica, alle ore 1,45 del 14 gennaio 1703, la seconda alle ore 18 di venerdì 2 febbraio; tra queste due, e dopo di queste, altre scosse di assestamento contribuirono a rendere la situazione ancor più precaria e grave. Avute le prime notizie sulla catastrofe, papa Clemente XI inviò, per mezzo del suo Segretario di Stato Card. Paulucci, il vescovo di Terni Mons. Pietro De Carolis, in veste di Commissario Apostolico. Compito del De Carolis era di informare il Santo Padre sullo stato dei luoghi colpiti dal sisma, riorganizzarne l'amministrazione civile e intervenire nei primi soccorsi e aiuti. A distanza di pochi giorni fu istituita una apposita Congregazione: La Sagra Congregazione da sua Beatitudine deputata sopra l’occorrenze del terremoto, di cui faceva parte tra gli altri il card. Gaspare Carpegna (1671 - 1714). Il 21 gennaio, nello stesso giorno in cui gli viene comunicata la nomina di Commissario, il De Carolis, con il suo seguito e una somma di quattromila scudi d'oro, parte alla volta dei luoghi disastrati. La relazione del De Carolis inizia con il .... premettere, che chi non mira con gli occhi propri uno spettacolo sì compassionevole, è impossibile con la semplice relazione possa concepire nè pure la minima parte di quei danni, che sono patiti dagli habitanti per la perdita di migliaia di persone restate estinte sotto le ruine e della robba, delle sostanze, e delle proprie habitationi ....una vera e propria catastrofe quindi che si delinea in modo completo nella visita di Norcia e di Cascia, i due centri più importanti della zona. Infatti giunto a Norcia... Norcia, se pure merita più tal nome..... à rimirarla da lontano, restai stupito ad una vista sì deplorabile, avvicinatomi osservai le mura, che la racchiudevano, come se fossero state battute dal Cannone tutte infrante, e atterrate; .... le habitationi della strada maestra, che di là (dalla porta) tirano per un buon tratto alla Piazza grande, dal una, e l'altra parte demolite da fondamenti .... le strade non si riconoscono, essendosi confuse tra le ruine delle case caduteli sopra. Così la situazione a Cascia: Non dissimile è l'Istoria lagrimevole di Cascia, e suo contado: portatomi alla visita di essa secondo mi veniva prescritto nella commissione trovai ancor questa esser stata costretta a rimirar la total desolazione di se medema, e l'eccidio de suoi habitanti, ove benchË al di fuori si osservino in piedi Edificii, Chiese e Monasteri, ad ogni modo al di dentro hanno annesso con la vista l'Orrore, mercè le gran fessure che sono nelle muraglie, e le habitationi diroccate, vedonsi in gran numero, altre cadenti alcune, impraticabili, & il resto non più sicure per habitarle .... segue quindi la relazione dei danni causati nel contado dove troviamo: .... Monteleone Prefettura di Norcia Fà anime con Ville num. 1000, morti n. 8, Chiesa Parrocchiale diruta da fondamenti. Il convento di S. Francesco de PP. Conventuali caduta tutta la volta, & il Convento in gran parte diroccato. Chiese fuori di detta terra dirute num. 2. Abitationi demolite 32. Rese affatto inabitabili 50. Le altre tutte sono risarcibili. Il Palazzo Priorale con la Torre, & Orologio caduto. Le Mura Castellane bona parte demolite. Il Pubblico Granaro in parte caduto. Quartiere dè Soldati distrutto. Ruscio e Terrabe: Ville di Monteleone diroccate da fondamenti hanno habitationi num. 40, morti num. 46; Villa del Trio quasi reso inabitabile, morti n. 3; Casali del territorio diroccati: morti in detti casali nun. 33.... In tutto il tempo che mi sono trattenuto da queste parti, le scosse de terremoti continuamente si sono fatte sentire frequenti e con violenza. Al di là del confine pontificio, all’epoca Regno di Napoli, la situazione non è molto diversa. A distanza di alcuni mesi dalla scossa del 14 gennaio, esattamente il 23 giugno dello stesso anno, la Comunità di Monteleone inviò alla Congregazione una prima supplica e una relazione dettagliata dei danni subiti. Nella suplica la comunità di Monteleone chiedeva l’esenzione del pagamento dei pesi camerali, di avere del denaro per riattivare la Torre dell’Orologio e gli altri edifici della comunità come il Palazzo Priorale. Vista poi la vicinanza col Regno di Napoli e temendo scorribande ed incursioni, la comunità chiedeva l’aumento di altri sette soldati oltre ai cinque che erano acquartierati e il ripristino delle mura castellane, in parte diroccate. La Chiesa di S. Nicola diroccata da fondamenti con la casa del curato annessa a quella. Nella villa di Trio diroccate 7 case altre hanno patito notabilmente con esse rimaste morte sotto le ruine 3 persone. Il De Carolis, instancabile nella sua opera, in una lettera datata 20 novembre 1703, richiedeva alla suddetta Congregazione, l'invio urgente di somme di danaro in quanto ... Il primissimo pensiero che dovrà havergli nell'intraprender quest'opera di rifrabicare, sarà lo spurgo (sgombero) delle strade....lo spurgo è assai considerabile per la gran confusione delle macerie Dopo oltre un anno, il 16 gennaio 1704, la nostra Comunità presentò una nuova supplica. Con 46 vittime a Ruscio (quasi un quarto della popolazione se si tiene conto che il Vescovo Lascaris, nel corso della sua visita pastorale del 1712, conta 150 abitanti), 3 al Trivio che risulta quasi tutto distrutto, altri 33 morti nei casali circostanti e 8 vittime a Monteleone, appare subito evidente come il sisma abbia fatto sentire di più i suoi effetti nella vallata risparmiando i siti montani. Al numero delle vittime deve essere aggiunto il danno relativo agli immobili, alla perdita del bestiame e ad un considerevole quanto mai sconosciuto numero di vittime dovuto a cause indirette al terremoto: le pestilenze. Probabilmente anche il territorio di Monteleone di Spoleto fu interessato dalle epidemie. Se a Norcia, città importante del distretto, dopo ben nove mesi dal sisma le strade erano ancora ingombre di macerie, nella frazione di Ruscio la situazione non doveva essere molto dissimile. Ritardo nello sgombero delle macerie, popolazioni (tra cui gli abitanti di Ruscio) costrette a subire i rigori dell’inverno in baracche di legno e senza alcun pubblico aiuto, pericolo di incursioni a causa delle mura diroccate, edifici di pubblica utilità - come chiese, granai pubblici ecc. che potevano essere utilizzati quali centri di primi accoglienza - non ancora riedificati o ristrutturati e, infine, l’esenzione dai pesi Camerali non ancora concessa a un anno dal terremoto. La Congregazione si limitò, in seguito, a esonerare dalle imposte tutte le zone colpite per un periodo di cinque anni. Non furono varati piani di riedificazione nè tantomeno per il rilancio economico della zona incentivando, in tal modo, un consistente flusso migratorio dalle zone terremotate. Per capire meglio l’intensità di questo sisma, è utile confrontare alcuni dati relativi al sisma del 1703 con quelli del 1979. Quest’ultimo è stato registrato come del VII grado della scala MCS per Ruscio e del VI grado per Monteleone: quello settecentesco è stato valutato del X grado per Ruscio e dell’VIII grado per Monteleone di Speleto. La scala MCS conta è suddivisa in XII gradi di intensità.
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