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La Grande Guerra
I Quaderni di Ruscio - I Caduti di Ruscio nelle guerre coloniali e nella Grande Guerra
Scritto da Francesco e Stefano Peroni   

Il fronte tridentino

Quando, il 23 maggio 1915, l’Italia dichiarava guerra all’impero austro-ungarico, la conformazione della frontiera era molto infelice: il saliente tridentino s’incuneava minaccioso tra il Veneto e la Lombardia; tanto gli sbocchi principali delle Alpi Orientali quanto le posizioni militari più favorevoli della restante linea di confine erano controllati dagli austriaci; quasi la totalità della frontiera (circa 600 km) era costituita da montagne; solo una ventina di chilometri si svolgevano in zona pianeggiante, dominata dal fortilizio naturale del Carso.

Teleferica in alta val leogra (foto Ten. Gianni Peri)

Teleferica in alta Val Leogra (foto Ten. Gianni Peri)

All’alba del 24 maggio 1915 le truppe italiane varcavano decisamente il confine conquistando la riva destra di Val Daone, la Valle del Chiese fino a Condino, la Valle dell’Adige sino ad Ala, la Vallarsa sino a Valmorbia, la conca di Tesino in Valsugana, e i primi contrafforti del Col di Lana. Il 28 maggio vennero occupati il Passo di Tre Croci e Cortina d’Ampezzo e il 31 il Monte Belvedere presso Fiera di Primiero. Mentre sul fronte dell’Isonzo si combattevano le due prime battaglie, in Valsugana si avanzò fino alla linea Monte Armentera-Monte Salubio, che chiude a ovest la conca di Borgo.

Teleferica sul Pasubio (foto Ten. Gianni Peri)

Teleferica su pasubio (foto Ten. Gianni Peri)

L’armata del Cadore il 5 luglio iniziava l’attacco e guadagnava terreno alla Marmolada, al Col di Lana, al Passo di Falzárego, al Monte Cristallo. Nell’ottobre l’azione venne ripresa su tutto il fronte: in val di Ledro si raggiungeva Bezzecca, nelle Giudicarie si conquistava il costone di Monte Mascio, il Monte Vies, il Monte Palone e il Monte Melino; in Val Lagarina, Brentónico e il territorio fino alla depressione Nago-Mori; sulla sinistra dell’Adige si giungeva combattendo alle ultime propaggini dello Zugna Torta; in Valsugana si occupava il Monte Sétole.

Dopo la sosta invernale, la lotta riprese nel 1916. Ardite operazioni alpine, coronate da successo, furono condotte attraverso difficoltà eccezionali nelle zone dell’Adamello; altre si svolgevano in Val Daone, nelle Giudicarie, in Val di Ledro e in Valsugana. Sulla Marmolada ci impadronivamo del Pizzo Seráuta; in val di Sesto si occupava il Passo della Sentinella.

Frattanto gli austriaci davano inizio, con 400 mila uomini, a una violentissima offensiva, la cosiddetta “spedizione punitiva”. L’attacco, preceduto da intensissimo bombardamento si sferrò il mattino del 15 maggio tra la Val Lagarina e la Valsugana.

Novegno: Fiat 15 ter della 172a sull'orlo di un precipizio

Novegno: Fiat 15 ter della 172a sull'orlo di un precipizio (foto Ten. Gianni Peri)

Sotto l’urto iniziale la nostra linea dovette arretrare, ma ben presto l’offensiva venne a urtare a ovest contro una salda barriera difensiva, che, appoggiandosi ai caposaldi Coni Zugna-Pasubio-Novegno, serrava l’avversario in Val Pósina e in Val D’Ástico; a est, contro una linea altrettanto solida che, svolgendosi a sud e a est di Asiago, contornava l’altopiano. Il 15 giugno le truppe della I Armata passarono alla controffensiva e gli Austriaci furono costretti a ripiegare.

trasporto di un cannone da marina sul massiccio pasubio

Trasporto di un cannone da marina sul massiccio del Pasubio (foto Ten. Gianni Peri) 

Mentre la lotta in questo settore andava diminuendo d’intensità altre azioni si svolgevano in diverse località. Fra queste, dolorosa fu quella del Monte Corno, in Vallarsa (10 luglio), in cui caddero prigionieri il tenente Cesare Battisti e il sottotenente Fabio Filzi. Allontanato il pericolo dell’invasione, mentre sull’Isonzo si iniziava una nuova offensiva (6 agosto-4 novembre), le truppe nella zona montana svolgevano brillanti operazioni, come la conquista, nelle Alpi di Fassa, del Monte Cauriol (27 agosto), del Monte Cardinal (27 settembre) e della Busa Alta (6 ottobre). Nella zona del Pasubio, tra il 9 e il 19 ottobre, si raggiunse il ciglio dell’Alpe di Cosmagnon e fu espugnato il cosiddetto Panettone (quota 1985), posizione fortissima, tra il Pasubio e il Costone della Lora.

vallarsa autocannone ansaldo 102 35 su spa 9000c

Vallarsa: autocannone Ansaldo 102/35 su SPA 9000c (foto Ten. Gianni Peri)

L’inverno 1916-17, particolarmente rigido, mise a dura prova la resistenza delle nostre truppe e non permise operazioni in grande stile ma solo importanti lavori di fortificazione. Dal 12 maggio al 4 giugno si svolse la 10° battaglia dell’Isonzo; il 10 giugno si iniziava un attacco diretto alla riconquista della catena tra l’Altopiano di Asiago e la Valsugana, fino alla Cima Pórtule. Dopo violenti combattimenti, furono conquistati il Passo dell’Agnella e il Monte Ortigara (19 giugno); quest’ultimo però ci fu ritolto il 25 con un sanguinoso contrattacco. In questo stesso periodo alla testata della Val Zebrù (Ortles) vennero occupati punti dominanti, e tra le Vedrette dell’Adamello fu espugnato il Corno di Cavento.

Dopo l’11ª battaglia dell’Isonzo (18 agosto-20 settembre), allo scopo di allentare la pressione dell’esercito italiano, austriaci e tedeschi concentrarono sul nostro fronte oltre 200 battaglioni e lanciarono una violenta offensiva, riuscendo il 24 ottobre, a forzare la difesa fra Tolmino e Caporetto. I giorni che seguirono furono assai dolorosi: la nostra linea dell’Isonzo dovette ripiegare fino al Piave, mentre le linee dell’armata sull’Altopiano di Asiago furono leggermente arretrate per saldarsi alle posizioni del Grappa, divenuto il perno difensivo del fronte. Questo venne così a estendersi dal Grappa, lungo il Piave, fino al mare.

trinceramenti sul massicio del pasubio

Trinceramenti sul massicio del Pasubio (foto Ten. Gianni Peri)

Nei primi mesi del 1918 non si verificarono combattimenti di grande importanza: una nuova offensiva austriaca iniziata il 13 giugno al Passo del Tonale, ove si infranse subito, si scatenò il giorno 15 su tutto il fronte dall’Ástico al mare. Tra l’Ástico e il Brenta, dopo una breve avanzata iniziale, gli Austriaci furono arrestati nei primi due giorni di lotta e costretti a ripiegare oltre il Piave.

Trasporto prigionieri austriaci (foto Ten. Gianni Peri)

Trasporto prigionieri austriaci (foto Ten. Gianni Peri)

Quattro mesi dopo, il 24 ottobre, con l’attacco generale alle linee austriache, veniva iniziata la battaglia di Vittorio Veneto, che portò all’armistizio, firmato a Villa Giusti il 3 novembre 1918.

Il monte Grappa

Il Grappa fu teatro di aspri scontri, nel 1917-18, fra le truppe italiane, integrate da contingenti francesi e britannici, e le forze degli Imperi Centrali, alle quali la presa del massiccio avrebbe consentito l’avvolgimento del fronte italiano sul Piave e sull’altopiano dei Sette Comuni, e la penetrazione in profondità nella pianura veneta.

Viste dalla parte italiana, le battaglie importanti del Grappa furono tre. La prima, di arresto, nel novembre-dicembre 1917 ne impedì la totale conquista; la seconda, di resistenza e coincidente con la più generale battaglia del Solstizio iniziata il 15 giugno 1918, ne confermò la tenuta; la terza, di pressione offensiva per cercare di guadagnare il solco Fonzaso-Feltre aggirando la difesa nemica in sinistra Piave, rappresentò, dal 24 al 31 ottobre 1918, il fatto d’armi più sanguinoso della campagna per la vittoria finale.

galleria vittorio emanuele sul monte grappa

Galleria Vittorio Emanuele sul monte Grappa (foto Ten. Gianni Peri)

Delle tre la più drammatica e incerta fu la prima, articolata in due fasi (14-16 novembre e 11-22 dicembre). Le fanterie degli Imperi Centrali, che avanzavano nel Veneto dopo la rotta di Caporetto, acquisirono il controllo di gran parte del monte, superando la precaria ma tenacissima difesa italiana, e discesero nel Canale di Brenta e, più ancora, nella valle del Piave; mancarono invece l’obiettivo capitale: lo sfondamento verso la pianura. A partire da questo momento, la rottura delle linee divenne pressoché impossibile e il loro tracciato – sulla direttrice Col del Miglio, Asolone, cima Grappa, Solaroli, Tomba e Monfenera, quasi al limite dell’affaccio sulla pianura – rimase fondamentalmente lo stesso fino al termine della guerra.

Tra il gennaio e il giugno 1918, infatti, le forze contrapposte attrezzarono la zona in loro controllo di strade, funivie, trincee, cisterne d’acqua, ripari incavernati per uomini e mezzi, postazioni con molte bocche da fuoco come la galleria italiana sotto la cresta del Grappa. Poteva accadere che reparti d’assalto (largamente impiegati i nostri Arditi) riuscissero a penetrare in questo o quel punto, ma il devastante tiro di repressione sui passaggi obbligati impediva l’afflusso di rincalzi e di riserve capaci di alimentare la spinta, e il contrattacco ristabiliva il fronte sulle posizioni di partenza.

Così, iniziato il 15 giugno 1918, fallì il poderoso attacco austriaco, bloccato dalla vigorosa risposta e dalla potenza dei cannoni che battevano da cima Grappa. E, a parti rovesciate, la situazione si ripeté nell’autunno. Dal 24 al 30 ottobre, l’offensiva italiana, nonostante lo slancio e il sacrificio di uomini (24 mila fuori combattimento, intorno a 5.000 i morti), scalfì appena lo schieramento avversario e solo il 31, dopo lo sfondamento sul Piave e la ritirata generale dell’esercito austro-ungarico, tutto il massiccio venne rioccupato.


 
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