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La carbonella |
La Barrozza - Estate 1995 - anno IV n. 2 | |
Scritto da Osvaldo Perelli | |
Checco e il fratello più piccolo svolgevano l'attività dei carbonari, attività abbastanza diffusa nel passato sui nostri monti. Dice il signor Checco che per ottenere della buona carbonella non era sempre così facile, perché occorreva scegliere la legna adatta, tagliarla e dopo averla fatta a tronchetti si doveva bruciare secondo una antica procedura. Per essere ritenuti dei bravi carbonari, si diceva, occorreva che la carbonella dovesse risultare di "qualità' per i vari usi che se ne faceva. In pratica per ottenere della buona carbonella, doveva essere ben regolata la fiamma all'interno del grosso cono di legna, il quale veniva ricoperto con del terriccio fangoso, in modo che la legna bruciasse lentamente, senza che vi fosse passaggio di aria. Spento il fuoco, la "catasta" veniva fatta rovinare per procedere alla separazione del carbone dalla cenere e dalla terra. Questa operazione avveniva con allegria; si cantava al suono di un vecchio organetto e Si beveva allegramente del buon vino nero. Dopo che la carbonella era stata liberata da ogni impurità. veniva messa dentro appositi sacchi di iuta per essere trasportata a dorso di mulo all’ “imposto”, quindi, caricata sui camion e portata in città, veniva venduta a negozi, case e uffici. D'inverno, periodo in cui la carbonella e il carbone si vendevano molto, i carbonari avevano come aiutanti dei giovani garzoni che provvedevano a rifornire i Oggi, dice il sor Checco, con un certo senso di nostalgia, grazie all'avvento dei termosifoni e di altri tipi di riscaldamento per uso domestico. non si usa più né la carbonella né il carbone Come ornamento e come simbolo del passato si vede, riposto in un angolo, qualche braciere annerito dal tempo |
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