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Lu travu de Luigione |
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La Barrozza - Estate 1995 - anno IV n. 2 | |
Scritto da Osvaldo Perelli | |
Là dove ora c'è una fiammante panchina della pro-Loco, ai piedi degli scalini che portano all’abitazione di Benedetta, ma che un tempo era conosciuta come l’ osteria di Luigione prima e di Jacone poi, c'era una volta un grosso trave che si prolungava con una tavola di legno fino ad unirsi agli scalini della casa di Palmetta. In questo luogo di ritrovo convenivano ad una certa ora della tarda mattinata estiva alcuni personaggi della Ruscio agricola per scambiare quattro chiacchiere e godersi una pausa di fresco oltre a gustarsi un "quartucciu" di vino di Roccatamburro. Credo di far cosa gradita a qualcuno più in là cogli anni ma, lo spero, a coloro che hanno a cuore le tradizioni del nostro paese, di cui il nostro giornalino è custode, se rievoco alcuni brani di discorsi che si facevano "A lu travu de Luigione", fraseggi dialettali all'apparenza immaginati, ma per lo più veritieri. Esso lu prete cò la somara bardata, è tuttu tiratu a lustru; c'avrà quarche battesimo a Recia o a lu Triu!" Più tardi, quando il sole comincia ad invadere la parete, parte dei presenti si accomoda intorno al tavolo da gioco per assistere alla sfida di carte dentro il locale, altri raccattano la giacchetta e si avviano verso casa per il pranzo. Il travo si vuota e restano nell'aria insieme al tintinnio delle campanelle degli armenti che rientrano nelle stalle dopo l’ “abbeverata”, gli sfottò dei giocatori di carte, le grida gioiose e spensierate dei munelli che rincorrono la palla sul prato antistante l'osteria, mentre il monotono e metodico martellare di Giggettone sulla falce ormai lucente ai raggi del sole si confonde con i ritocchi dell'orologio del campanile che ora batte le lunghe dodici e quarantacinque. Osvaldo |
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